Leggo Raniero Regni, professore associato di Pedagogia sociale alla Lumsa di Roma, in un suo bellissimo intervento su Essere maestri, divenire insegnanti. La differenza c’è, ed è importante. Spiega Regni: «Un maestro è qualcuno che insegna ciò che non si trova nei libri. Il maestro è l’uomo il cui insegnamento mi libera e mi permette di essere me stesso. Un maestro è colui che insegna la sua specialità e qualche altra cosa che è la sicurezza dei gesti e del pensiero, l’onestà , il gusto, il desiderio di sapere, il coraggio di riflettere, l’attitudi
ne a giudicare, l’orgoglio di essere un po’ più adulto e la gioia di disporre di se stesso. Il vero maestro è l’uomo che educa insegnando. Un maestro ti aiuta a conquistare uno stile, ovvero il contrassegno di quello che sei in quello che fai». E ancora: «L’insegnante trae dai suoi maestri tanto quanto trae da se stesso il combustibile che fa ardere la sua motivazione, trasformandosi in un motivatore motivato. E questo accade seguendo la tradizionale e semplice formula platonica che dice: si può insegnare bene solo ciò che si conosce e ciò che si ama».
Interpreto e faccio mio: si può insegnare bene solo ciò che si conosce e si è sperimentato; tutto il resto è solo recita, mero travaso di informazioni, sterile, senza passione né coinvolgimento. Il Professore pensa alla scuola italiana, io allargo a tutto ciò che implica insegnamento e maestria: «La passione è la madre del pensiero, l’emozione è la madre della conoscenza; la passione è una forza anticurriculare, non programmabile, piuttosto indocile e paradossale, eppure indispensabile».
Stefano Momentè
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