«C’è un piccolo frollo dentro ognuno di noi»

In scena al PalaInvent con Notre Dame de Paris, in occasione dei vent’anni dal debutto, Vittorio ci ha raccontato curiosità e aneddoti legati a questa grandiosa opera.

Ci sveli il segreto di questo successo?

«E’ semplice e complesso allo stesso tempo. E’ un’opera di una tale bellezza! La messa in scena, i costumi, l’interpretazione, la musica di Riccardo Cocciante e il testo, proprio questo equilibrio delle arti fa sì che nasca un grande spettacolo. E poi la storia, che è una parte fondamentale della letteratura mondiale, è l’archetipo della bella, la bestia, il diverso, tutti elementi ancora molto attuali».

Infatti, Cocciante in una recente intervista ha affermato che “l’essere umano si evolve ma i sentimenti e le dinamiche di cui è vittima e carnefice allo stesso tempo restano i medesimi perché appartengono alla sua natura fallibile”. Sei d’accordo con questa affermazione?

«Certo! Questi romanzi rimangono nel cuore delle persone e sono indelebili, tutte le generazioni possono confrontarsi con queste storie che, a distanza di anni, rappresentano sempre la società in cui vivono».

Questa tournée celebrativa dei 20 anni riserva delle sorprese. La più importante è il ritorno sul palco dell’intero cast originale del debutto. Com’è stato recitare di nuovo con loro? Siete cambiati un po’?

«Sono passati 20 anni per tutti ma è incredibile come nei costumi siamo congelati a 20 anni fa! E’ stata una grande emozione nel rivedere tutti, una gioia, stiamo bene insieme, il gruppo è unito, non solo per motivi professionali ma anche per affetto e per la passione che condividiamo. Con Graziano (Galatone, interpreta Febo, ndr) condivido anche un progetto in trio».

Come ti senti a interpretare Frollo, il cattivo per eccellenza, e perché secondo te è così amato dal pubblico?

«Frollo rappresenta in realtà tutto ciò che è umano, anche la nostra parte meno bella, forse per questo il pubblico lo ama. E’ quasi inevitabile che ci sia un Frollo dentro ognuno di noi. Lui è arrogante, ha il potere ma a volte diventa anche fragile, la gente lo ama perché rivede il tormento a cui tutti prima o poi siamo destinati».

C’è un rito scaramantico che fai prima di entrare in scena?

«No, non ce l’ho e me ne vanto! Penso che la sicurezza sia figlia della preparazione. Certo, ci sono riti che fanno parte del mondo del teatro ma può essere anche pericoloso crederci perché poi si è condizionati, la mente è terribile».

Sono mai successi piccoli imprevisti durante gli spettacoli e, se si, come li gestite?

«Molti, nonostante la cura capillare che i nostri tecnici mettono nella messa in scena. Bisogna essere pronti e trovare una scappatoia. Ad esempio, una volta non si è aperta la gabbia in cui era chiusa Esmeralda e io, invece di aprirla, mi sono messo a girare intorno. Il pubblico non si è accorto, a parte quelle persone che sono venute più di cinquanta volte a vedere lo spettacolo, e ne conosco tante!».

Ci vediamo a Jesolo dal 15 al 18 aprile. Conosci la città? Il mare è un elemento che ti piace?

«Jesolo la conosco e mi piace! Io sono nato al mare, mi piace quell’odore, quella sensazione. I posti al mare sono posti aperti, il mare ha un lato aperto verso ciò che viene da fuori, è sinonimo di tante cose, della tolleranza, della fratellanza tra i popoli. L’assonanza mare e madre, soprattutto in Veneto, non è casuale!».

Scheda: Nato a Livorno nel 1963, Vittorio Matteucci ha esordito nel mondo dello spettacolo fin da giovanissimo ma è durante l’adolescenza che si avvicina alla chitarra come secondo strumento dopo la voce. Da qui ha inizio il suo viaggio attraverso la musica.

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