Donatella Di Pietrantonio: Le nostre età fragili
Ti fa immergere nei suoi pensieri prima ancora che nelle sue storie. Pagine pregne di emozioni, in un vortice che ti prende e non ti lascia andare via. Donatella Di Pietrantonio, già vincitrice (tra le altre cose) del Premio Campiello, è una delle grandi protagoniste della letteratura italiana.
Donatella, quando si legge “L’età fragile” non si può che procedere molto lentamente, assaporandone l’intensità dei contenuti…
«Secondo me è il modo giusto di leggere. A volte mi capita che qualcuno mi dica di avere letto tutto un mio libro in una notte ed io, scherzando, rispondo “ma come, ci ho messo tre anni per scriverlo e tu me lo bruci così?”. Battute a parte, il modo giusto per leggere i libri è la lentezza: si notano di più i dettagli ed ogni parola ha un senso».
Il tuo ultimo libro parte da un fatto di cronaca realmente accaduto, il cosiddetto “delitto del Morrone”, avvenuto nel 1997 sul monte Morrone, in Abruzzo: perché?
«Perché non me lo ricordavo, pur essendo avvenuto in un luogo che vedo dalla finestra di casa mia. E così gli abitanti del mio paese, non ne parlavamo più. Forse perché questo delitto aveva un po’ sovvertito la mitologia dei piccoli luoghi di provincia considerati sicuri, tra paesaggio, aria buona e così via… C’era stata la necessità di seppellire il tutto e ritornare alle nostre certezze».
Eppure il fatto di cronaca è privo di approfondimenti scabrosi e questo fa emergere i protagonisti, ovvero gli altri personaggi.
«A me non interessava indulgere su facili dettagli ed ho cercato di raccontare anche questa parte co misura».
Ci sono tanti protagonisti, di tante età: quale quella fragile?
«Un po’ tutti: da Amanda, la ragazza; al nonno di lei, duro, roccioso, a volte violento, che si scontra con la fragilità della vecchia; e poi in mezzo c’è l’età di Lucia (la voce narrante), che occupa quella scomoda posizione di madre e di figlia».
Tanti protagonisti, più uno: tu. E si percepisce. Quindi, quanto ti è costato questo libro?
Touchè! È Stata una stesura molto tormentata, per vari motivi, anche perché ho dovuto attraversare alcune zone oscure di me. È un libro che mi è servito anche per darmi delle risposte sul grande tema della “restanza” dei grandi luoghi. Scrivendo l’età fragile sono stata costretta a chiedermi: perché tu sei rimasta? Che è la domanda che si fa e fanno a Lucia, che ha anteposto la sua ubbidienza alla famiglia».