Foto, gioco, partita

Ray Giubilo è molto di più di un fotografo. È “il” fotografo. Tra gli storici del mondo del tennis, i suoi scatti vengono pubblicati nelle più importanti riviste, il suo lavoro viene richiesto, com’è avvenuto, da grandi come Novak Djokovic. Capace di immortalare momenti incredibili, poi divenuti icone, come lo smash di Sampras a Wimbledon del 1996 o un colpo di Venus Williams agli Australian Open. Con Jesolo lo lega l’amicizia con Melania Delai, promessa del tennis internazionale, la mamma Monica ed il coach Alessandro Bertoldero.

Photo © Ray Giubilo

Ray, partiamo dalla fine e da Melania: come l’hai conosciuta e cosa pensi di lei?

«L’ho conosciuta un po’ per caso dopo avere letto una sua intervista e, stupito dalle risposte di una ragazzina di 14 anni, decisi di andarla a vedere allenarsi. Chiesi alla mamma di poterla fotografare e da là è iniziata l’amicizia con tutti loro. Melania ha tutte le carte in regola per diventare una grande giocatrice. Oltre al fatto che è molto simpatica, ha un gran senso dell’umorismo ed è una bella ragazza»

Jesolo 2021Melania Delai (ITA)Photo © Ray Giubilo

Parliamo di te. Sei australiano e, all’età di 7 anni, ti sei trasferito in Italia, per poi ritornare in Australia ed aprire il tuo primo studio fotografico. Ma è vero che inizialmente ti occupavi di moda?

«Sydney allora stava diventando il centro della moda australiana. Un amico fondò una rivista, che divenne presto quella di settore più venduta in Australia; io facevo l’assistente dei fotografi. Io all’epoca giocavo a tennis, quindi era un ambiente che conoscevo. Ottenni, attraverso un amico giornalista, un accredito per gli Australian Open, come fotografo per la storica rivista Match Ball. Capii subito che quello era l’ambiente che mi faceva sentire più a mio agio».

Quali sono le foto a cui sei più legato?

«Direi foto storiche come quella fatta a Sampras a Wimbledon, uno smash al volo: la foto divenne un poster iconico. Oppure quella che veci alla Williams agli Australian Open; ero sul tetto dello stadio e lei stava facendo un doppio; sono riuscito a fotografarla nel momento in cui si stava formando una particolare ombra sul capo. Appena scattata pensai: questa è una gran foto; anche se l’ho scoperto dopo…».

Anche perché c’erano ancora i rullini e non il digitale. Ma i tennisti te le hanno mai chieste?

«Ricordo che Sampras, che stava per scrivere un libro, mi contattò per chiedermi quella foto. Mi chiese quanto costasse e io gli risposi: voglio una tua racchetta originale. Me la diede. È successo così anche con altri, tanto è vero che a casa ne ho una collezione, una settantina, di varie epoche».

Un anno hai lavorato con Novak Djokovic: com’è stato?

«Fui contattato dal manager che cercava un fotografo che lo potesse seguire in tutte le partite. Lavorai per lui un anno e poi lasciai, perché mi occupava troppo tempo e non riuscivo a fare altro. Com’era mi chiedi? Considera che durante tutto l’anno non ci siamo mai parlati, io ero semplicemente uno dell’enturage».

Ma qual è, tra i più grandi, il tuo preferito?

«Federer. Mi piace come gioca, ma anche come persona. Come giocatore nessuno è come lui, è il più, se si può dire, perfetto che ci sia. Inizialmente pensavo fosse Sampras il migliore; poi ho capito che Federer ha più talento, non ha punti deboli, sa fare tutto; si può dire che è una sorta di evoluzione di Sampras. Inoltre è una bella persona, espansiva, sempre sorridente, sa come comportarsi. Infatti è ammirato da tutti».

Tra i giovani italiani si guarda a Jannik Sinner, anche se a volte riceve delle critiche: tu che ne pensi?

«È ancora giovane. Sai, il tennis è strano: ci sono certi giocatori che fanno una carriera fantastica juniores, poi buio e magari vengono fuori tardi, avendo una maturazione più lenta. Secondo me Sinner è un giocatore non da terra, ma più adatto sul veloce. Comunque arriverà il nostro giocatore e potrà diventare il numero uno».

Ti piace spaziare?

«Sì, seguo molto i giovani, mi piace. Così come il tennis in carrozzina, che ha avuto una grossa evoluzione negli ultimi anni e gli sponsor hanno iniziato ad investirci molto».

Photo© Ray Giubilo

Ma dopo tutti questi anni nel grande tennis, dopo migliaia di scatti, riesci ancora ad emozionarti?

«Certo che ci riesco, anzi, cerco sempre la foto che possa emozionarmi. Nei tornei i primi giorni lavoro per i miei clienti ed una volta finito vado agli incontri importanti o a quelli che possono darmi delle buone foto. E lì cerco la foto che mi emozioni. Vi assicuro che, quando questo lavoro non mi darà più emozioni, smetterò di farlo».

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