«Ho stretto la mano a Babbo Natale»
Marino Longhin tra i protagonisti della NorthCape4000, un’ultracycling di 4mila chilometri, da Rovereto a Capo Nord. In bicicletta.
Sono partiti in 330, lo scorso 23 luglio, da Rovereto. Al traguardo, a Capo Nord, dove la vista si perde nel nulla apparente del Mare Glaciale Artico, erano rimasti in 185. Quattromila chilometri in bicicletta per una di quelle competizioni estreme, la NorthCape4000, dove il tempo e la distanza sono i principali artefici di una selezione quasi naturale. L’attacco del pezzo sarebbe perfetto, se parlassimo di una gara. Ma questa volta vogliamo raccontare qualcosa di diverso, di più profondo, della sfida con sé stessi, quando, pedalata dopo pedalata, non guardi chi ti è davanti, ma ascolti il tuo cuore, annusi la tua anima.
Lo jesolano Marino Longhin, 60 anni, il 23 luglio era tra i 330 partiti da Rovereto, è arrivato a Capo Nord l’8 agosto. Sedici giorni esatti per una media di 250 chilometri al giorno. «Questa ultracycling – racconta Marino – è stata prima di tutto una straordinaria avventura interiore, affrontata con la consapevolezza che alla mia età difficilmente si sarebbe ripresentata l’occasione di vivere un’esperienza così unica».

Cosa intendi per avventura interiore?
«Intendo che rimani solo con la tua fatica, le tue paure, le tue gioie e i tuoi rimpianti. Insomma, si raggiunge una nuova consapevolezza anche nelle cose alle quali quando sei a casa non dai troppa importanza, come per esempio, nel mio caso, conoscere l’inglese. E se vai in giro per il mondo ti rendi conto che non è una lacuna da poco e avresti voglia di tornare indietro nel tempo per rimediare. E poi in qualche modo torni bambino, come quando sono riuscito a incontrare Babbo Natale…».
Scusa?
«Certo, gli ho stretto la mano in Lapponia, nella sua casa di Rovaniemi che tutti i bambini conosco molto bene!».
Com’è nata l’idea di partecipare alla NorthCape4000?
«È nata lo scorso dicembre insieme a due amici, Esterino e Valdimiro, che sono poi stati anche i miei compagni di viaggio».

La preparazione è stata impegnativa?
«Certo, è durata 7 mesi e devo ringraziare mia moglie Debora e Sara Bardini per la parte fisioterapica ed il preparatore atletico Enrico Baita».
Che ci dici del percorso?
«Si parte da Rovereto per poi passare in Austria, Svizzera e di nuovo Austria. Poi Germania, a Monaco, Repubblica Ceca, ancora Germania, questa volta a Berlino. Ci si imbarca per la Svezia e arrivati a Stoccolma si prende la nave per la Finlandia. Da qui si arriva in Norvegia e finalmente a Capo Nord».
Condizioni climatiche?
«Sono partito con il sole e 40 gradi, sono a arrivato a Capo Nord con il vento, la pioggia e 5 gradi».
L’organizzazione della giornata tipo?
«Partenza verso le 4 del mattino e poi in bici per 12-14 ore».
Cosa non dimenticherai mai?
«La forza e la bellezza della natura, una regalo meraviglioso che l’uomo sta distruggendo. E in quegli spazi immensi te ne rendi perfettamente conto».

Il pensiero più frequente?
«Non mollare mai. Nello sport, come nella vita, c’è chi gode alla sola idea che potresti fallire. Brutto da dire, lo so, ma è così».
All’arrivo a Capo Nord?
«Ho pianto, ovviamente».