I lazzaretti veneziani
Il più grande flagello che la Serenissima ha conosciuto nel corso dei secoli è sicuramente la peste bubbonica. Due furono in particolare le epidemie più cruenti: quella del 1570 e quella del 1630; quest’ultima uccise circa 80mila persone, quasi tutta la popolazione di Venezia a quel tempo. Alla fine di ciascuna epidemia vennero costruite due chiese per ringraziare il Signore e la Vergine Maria per avere liberato la città dalla peste e sto parlando della Chiesa del Redentore, opera di Andrea Palladio, sull’isola della Giudecca e la chiesa di Santa Maria della Salute edificata da Baldassarre Longhena quando aveva appena 24 anni, a Dorsoduro. Ma come fecero i Veneziani a contrastare questo terribile morbo? Con i lazzaretti.
Quando la peste fece la sua comparsa in città si stabilì di isolare tutti gli appestati confinandoli sull’isola del lazzaretto vecchio, di fronte al Lido, per isolarli dal resto della popolazione. Successivamente si pensò a come potere prevenire la peste e venne deciso che tutti coloro che arrivavano a Venezia dall‘estero, prima di fare il loro ingresso in città, dovessero trascorrere quaranta giorni sull’isola del lazzaretto nuovo, vicino a Sant’Erasmo, insieme alle merci che trasportavano. E fu l’invenzione della quarantena, parola che abbiamo spesso usato negli ultimi tre anni, purtroppo.
Si possono vedere questi luoghi con delle visite guidate, fate riferimento al sito www.lazzarettiveneziani.it per info e prenotazioni.