Roberto Bellingardo: «Sulla strada come nella vita»

Il maratoneta di Jesolo racconta com’è cambiata la sua vita dopo l’incidente

La maratona non è solo un’esperienza sportiva. Per qualcuno come Roberto Bellingardo è una filosofia di vita. Un nuovo inizio in grado di dare risposte a tante domande complicate che la vita pone, a volte in modo terribile e doloroso.

Roberto, com’è iniziata la tua esperienza di corsa?

«Ho iniziato a correre dopo l’incidente. Prima la mia vita era come quella di gran parte dei ragazzi di Jesolo: mare, spiaggia, forma fisica, divertimento. Suonavo la batteria, mi allenavo a boxe. Fino al giorno dell’incidente, nel 2000. Una macchina mi ha investito. Ero in moto. Ho perso subito il piede.

Fortunatamente un medico che passava in quel momento è intervenuto bloccando l’emorragia dell’arteria femorale con la cinghia del marsupio. Credo fermamente che la vita sia un perfetto gioco di incastri. Essere al posto giusto o sbagliato cambia completamente la traiettoria del tuo destino».

Come l’hai vissuta?

«L’amputazione è stata una realtà difficile da accettare e ancora più da superare. Fortunatamente ho avuto accanto la mia famiglia, molto unita e solida. Da essa ho tratto la forza per reagire e rimettermi in gioco. Così ho deciso di ricominciare proprio da dove ero più vulnerabile: la corsa. È stata una gara con me stesso e con la mia volontà di mettermi alla prova senza sconti».

La corsa ti ha dato molte soddisfazioni, a vedere i risultati…

«La prima Half Marathon l’ho fatta nel 2011. Sono stato campione italiano nel 2009 ai campionati italiani ad Ancona. Ho sempre gareggiato con i normodotati, con ottimi risultati, tra cui un record assoluto nei 5000 metri, percorsi in 22 minuti e 6 secondi. Un’altra grande soddisfazione l’ho avuta nel 2015, ai mondiali di Torino, quando mi sono classificato 19esimo su 30; unico disabile tra tutti normodotati e ancora oggi sono il terzo disabile al mondo ad avere corso i 21 km in un’ora e 48 minuti. Dopo Torino ho fatto altre 10 maratone e finché potrò continuerò a farne.

Che difficoltà presenta correre con delle protesi?

«E’ molto importante dosare bene gli sforzi per non rischiare vesciche o infezioni che renderebbero improvvisamente vano ogni allenamento cancellando del tutto la possibilità di gareggiare. Inoltre, è molto importante l’uso dell’ausilio adatto. Non tutte le protesi vanno ugualmente bene. Devono essere studiate sul singolo individuo. Purtroppo i costi sono esorbitanti. Una lama da corsa costa fino a 12mila euro. La cuffia sottovuoto si rompe ogni 20 giorni e costa 150 euro. Sono necessarie sponsorizzazioni importanti per supportare tali costi e spesso molti potenziali atleti sono costretti a rinunciare».

Qual è la tua filosofia?

«Sulla strada come nella vita, se decidi di correre, la gara devi vincerla prima di tutto con te stesso».

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