Simone, un sogno tutto d’oro

Consonni, uno degli eroi di Tokyo, in vacanza a Jesolo con la sua inseparabile bici

Ha riscritto la storia del ciclismo. Provate a pensare alla potenza di queste parole. Neanche lui, nonostante siano passati alcuni giorni, riesce ancora a rendersene conto. Simone Consonni, con i sui tre compagni di squadra (ed amici, come terrà a sottolineare lui stesso), non solo, si fa per dire, ha vinto la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Tokyo, nell’inseguimento a squadre, ma ha anche battuto il record del mondo. Mamma mia!

Per inciso, erano 61 anni che l’Italia non portava a casa un oro olimpico. Tanto basta per festeggiare, vero? Ed invece il buon Simone non si può concedere il lusso di fermarsi, perché lo attendono altre gare. E così a Jesolo, dov’è venuto con la fidanzata, si è portato la sua bella bici, per combinare allenamento e relax. Lo abbiamo incontrato all’hotel Portofino di piazza Trento, che ringraziamo per la gentile collaborazione.

Simone, perché Jesolo?

«E’ un bellissimo posto, che conoscevamo già per esserci stati già una volta ed è bello passare qua. Si trascorrono delle belle giornate in spiaggia… beh, più la mia ragazza, perché io mi sono dovuto allenare. Alla sera, poi, una bella mangiata di pesce. A Jesolo va bene per una bella vacanza per la mente e produttiva da tanti punti di vista. Senza contare che è relativamente vicina a casa nostra».

Hai voluto esagerare, con tre giorni…

«Era il tempo che mi potevo concedere, approfittando del fatto che la mia ragazza Alice è in ferie. Io comunque mi sono allenato: cento chilometri al giorno, 130 il terzo giorno; insomma, mattina di lavoro, pomeriggio un po’ relax. Dopo tanto stress e tante gioie, ci voleva staccare un po’».

E poi è arrivato l’oro a Tokyo…

«In una disciplina non troppo conosciuta, penso comunque bella da vedere. Abbiamo vinto semi finale e finale con meno di un decimo di distacco dalle nostre concorrenti. E’ bello portare a casa questa medaglia, frutto di tanti anni di duro lavoro e bello essere qua a raccontarlo”.

Ti rendi conto che avete riscritto la storia, visto che erano 61 anni che l’Italia non vinceva un oro in questa disciplina?

«Abbiamo sempre avuto una bella storia con questa disciplina. Con il ct Marco Villa, sempre presente, abbiamo lavorato tanto: più di dieci anni, praticamente dalle giovanili. Siamo partiti dal basso. Mi ricordo che facevamo fatica a qualificarci per gli Europei ed ora siamo qui a festeggiare un record del mondo e un oro con i miei compagni di squadra, che sono anche i miei amici. E’ un sogno per tutto il nostro gruppo, una emozione speciale»

E tutto questo battendo i danesi, campioni del mondo…

“I danesi da sempre sono la nostra bestia nera. Ma dopo le prove ci siamo detti: tutta questa sfortuna cambierà e non ci poteva essere migliore palcoscenico per dimostrarlo».

Bello quando hai parlato dei tuoi compagni di squadra come amici. Sembra il filo conduttore di quest’anno di sport. E’ questa la forza?

«Alla fine lo sport è anche fatica, quindi per faticare insieme bisogna avere quel qualcosa in più, non bisogna essere solo compagni di squadra. Anche nel nostro caso il tanto tempo passato assieme, i numerosi sacrifici insieme, ci ha portati a fare squadra, come team Italia, ma prima di tutto come amici. Si fanno sacrifici assieme volentieri e si fa fatica, si gioisce assieme. E’ la chiave di tutti i giochi di squadra».

Bello il gruppo, la preparazione, l’abnegazione: ma quanto conta la meccanica?

«Conta tantissimo, perché alla fine noi andiamo ad una velocità di crociera 70km/h e anche un centesimo su 4 chilometri è tantissimo. Da ringraziare, dunque, tutti gli sponsor che veramente negli anni hanno fatto tantissimo, tra galleria del vento, manubrio 3D, miglioramento di ruote, tubolari, catene… ogni piccolo marginal game, come lo chiamiamo noi, ha fatto la differenza. Quindi grazie a loro e a tutte le persone che hanno fatto molto per noi dietro le quinte».

Tu lo sai, vero, che ora tutti vi aspettano al varco, visto che siete i campioni olimpici?

«Siamo la squadra da battere, è vero. L’Olimpiade è l’appuntamento che prepari con quel pizzico di focus in più e, quindi, sicuramente anche negli anni scorsi eravamo una Nazione da tenere d’occhio. Nelle prossime competizioni ci terranno d’occhio in modo particolare, ma noi siamo tranquilli del risultato acquisito. E non ci accontentiamo. A metà ottobre ci sono i campionati del mondo, dove vogliamo come minimo portare a casa una medaglia».

Cosa consigli ai giovani che vogliono fare ciclismo?

«Alla fine la cosa fondamentale è trovare la passione per qualcosa e quando ce l’hai, tutto diventa più facile. Ci si può divertire sicuramente, pur rimanendo concentrati su un obiettivo. Il consiglio che posso dare ai ragazzi: fate tutto quello che sognate e che volete. Guardate me: se dieci anni fa mi avessero detto che avrei vinto l’oro olimpico, mi sarei fatto due risate, ed invece ora sono qui a raccontare dell’incredibile impresa fatta con la Nazionale».

SCHEDA

Simone Consonni è nato a Ponte San Pietro, in provincia di Bergamo. E’ un ciclista su strada e un pistard italiano. Professionista dal 2017 con la UAE Team Emirates, si è laureato campione olimpico nell’inseguimento a squadre. Il 4 agosto, con Francesco Lamon, Jonathan Milan e Filippo Ganna, ha vinto la medaglia d’oro a Tokyo, fissando al contempo il nuovo record mondiale a 3’42″032.

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