Morocco by bike un’avventura unica!
Renato e Alessandro Martin sono due jesolani doc, Tecnici Istruttori Mtb e Guide Cicloturistiche della Fci, Federazione Ciclistica Italiana, amanti del viaggio e della bicicletta. Qualche tempo fa hanno cominciato a viaggiare in bici praticando una sorta di cicloturismo descrittivo dei luoghi e delle persone che incontrano nelle loro avventure. Nasce così la loro pagina fb ReAl Bike Experience, unendo le prime lettere dei loro nomi, per riassumere esperienze passate, presenti e future. L’ultimo viaggio: in Marocco.

Quando avete cominciato a viaggiare in bicicletta?
«Abbiamo cominciato, quasi per scherzo, dieci anni fa con il primo viaggio dalla Toscana fino a Roma, percorrendo parte della “Via Francigena”, una via medioevale antica, un’esperienza che ricordiamo con nostalgia e affetto. Da lì in poi è stato un susseguirsi di territori attraversati dalle nostre ruote, in giro per l’Europa e non solo».
Da dove nasce questa passione per il viaggio in bicicletta?
E non importa quanti chilometri facciamo: la distanza è puro dettaglio, più importante è il coraggio di affrontare la fatica e gli imprevisti».

Come nascono i vostri viaggi, le vostre avventure in bici?
«Come tutti i nostri viaggi in bicicletta, decidiamo le mete che poi pianifichiamo durante i mesi che precedono la partenza, incominciando a studiare i luoghi, la morfologia dei territori, le tappe e le città da attraversare e altro, mettendo in conto anche eventuali imprevisti».
Ma cosa portate con voi?
«L’esperienza ci ha portato alla capacità di preparare le nostre borse da viaggio in maniera più consapevole ed intelligente. Diciamo che importante è avere sempre una mini officina per le piccole riparazione, con attrezzi e camere d’aria, indispensabile anche per ogni evenienza tutto il set per la pioggia e, importantissimo, il casco sempre allacciato in testa».
Veniamo al presente, come nasce il viaggio in Marocco?
«Lo abbiamo chiamato “Morocco by Bike”: è la prima volta che usciamo dal territorio europeo, volevamo metterci alla prova in un continente sconosciuto come l’Africa e percorrere un territorio nuovo, fuori dal comune, dal sapore esotico e dove piove di rado».
Una volta partiti, com’è andata?
«Uscire dalla città non è stato semplice: il traffico è disordinato, dai camion alle auto, dalle moto ai bus è un continuo concerto di clacson e motori. Le cose poi si sono normalizzate e il timore di essere investiti ha lasciato spazio alla gioia di pedalare verso luoghi sconosciti e alla curiosità di quello che ci aspettava giorno dopo giorno».

Usciti dalla grande città le strade si potevano percorrere senza problemi?
«Praticamente abbiamo percorso quasi tutte strade asfaltate, lungo la costa tappa dopo tappa abbiamo potuto percepire la diversità dei territori attraversati, El Jadida, Qualidia, Safi, Essaouira, fino ad Agadir, capitale del sud marocchino, un territorio completamente rurale dove si vedono ancora carretti trainati da muli che si scontra con le città costiere affacciate sull’oceano, mete turistiche internazionali come Taghazout, capitale dei surfisti di tutto il mondo. Da lì abbiamo proseguito verso l’interno tra un continuo di salite e discese, una sorta di pedemontana marocchina, Argana, Imintanout, Chichaoua, arrivando alla nostra tappa finale Marrakesh, la città più conosciuta e più affascinante del Marocco, dalla bellezza particolare soprattutto nella sua Medina e nella famosa piazza Jemaa-el-Fna, dove trovi di tutto, incantatori di serpenti, danzatori Berberi e bancarelle gastronomiche con cuochi pronti a prepararti un piatto tipico».

Ma è vero che avete dormito sopra il tetto di una casa?
«Ora ci viene da ridere, ma se pensiamo a quei momenti non tanto. Arriviamo a Tamanar, un paesino di campagna tra alberi d’Argan e Olivi, e qui non c’era nessuna possibilità di dormire. Abbiamo chiesto in giro e l’unica probabilità era quella di proseguire per altri 20 chilometri verso Imsouane, dove una coppia francese aveva allestito una sorta di glamping marocchino con due tende berbere.
Arriviamo ormai al tramonto e Stephanie ci accoglie nella sua casa e ci comunica di non poterci ospitare ma, notando dalle nostre facce un misto tra stanchezza e disperazione, con l’aiuto di Renaul, decide di prepararci la tenda sopra il tetto della casa, bizzarro ma straordinario. E, alla sera, couscous con pollo e verdure, dimostrando grande ospitalità».

Per concludere, qual è il viaggio più bello? Quello che ricordate con più piacere?
«E’ difficile fare una graduatoria: ogni avventura, ogni esperienza ti lascia sempre qualcosa di nuovo, forse possiamo dire il prossimo… quello che faremo!