“Sono come Licia e sogno di fare un musical”
La cantante, presentatrice e attrice si racconta e racconta del suo passato, il successo, l’amore della gente, i duetti con la Bertè e Patty Pravo, il progetto benefico ed i suoi sogni
Cos’hai pensato quando ti hanno detto che ti avrebbero intitolato un tratto di lungomare?
«E’ una di quelle cose che ti colgono un po’ impreparati e, allo stesso tempo, ti riempiono di gioia. La prima cosa che ho detto: è bellissimo! Ringrazio Jesolo, perché è stata una sorpresa emozionante. Non ti arriva tutti i giorni una cosa così».
Prima di te grandi artisti, cantanti e presentatori…
«Sono decisamente in buona compagnia… Questo mi rende ancora più emozionante. Quando ho saputo che, prima di me, ci sono stati artisti straordinari del calibro, ad esempio, di Alberto Sordi, Andrea Bocelli, Katia Ricciarelli, Sophia Loren… mi sono detta: mamma mia, sono super onorata, sono felicissima».
A Jesolo ti lega una parte della tua carriera; qui, infatti, sei venuta a registrare delle puntate di Kiss me Licia: cosa ricordi di allora?
«Della città ricordo poco perché lavoravamo decisamente molto. Ricordo che c’era un sacco di gente: quella era una realtà strana, perché c’erano realmente i fan ed era una emozione enorme averli insieme in questa bellissima esperienza. Jesolo, comunque, è una città che mi piace tantissimo: è affascinante, molto vitale, con la sua lunga spiaggia, le attrazioni, i grandi eventi… Tutto questo mi fa rendere ancora più orgogliosa ed onorata di ricevere questo importante riconoscimento e legare per sempre il mio nome a questa bellissima realtà turistica».
Hai mai pensato come sarebbe stata la tua vita senza il “Valzer del Moscerino” e lo Zecchino d’Oro?
«Ero talmente piccola che non potevo sapere cosa poteva esserci stato dopo. Di certo mai avrei immaginato che sarei diventata una star amata da tantissima gente e che, mamma mia, è arrivata a festeggiare i 40 anni di carriera. C’è da dire che, all’epoca, i genitori mi hanno fatto vivere quella esperienza come un gioco, non mi hanno mai spinto a fare quello come dovesse diventare, poi, una professione. Anche dopo, sono sempre stata una ragazza normalissima, che ha fatto il liceo, poi ha studiato medicina e che, nel contempo, faceva anche questo. Più passava il tempo e più prendevo coscienza di quello che stavo vivendo dal punto di vista artistico. Ogni momento della mia carriera l’ho, comunque, vissuto sempre con grande umiltà».
Si può dire che la tua carriera sia iniziata con la canzone “Bambino Pinocchio”?
«In realtà la svolta è stata con i Puffi. Bambino Pinocchio è stata la mia primissima sigla, è vero, però con i Puffi siamo entrati in classifica e l’album ha venduto 500mila copie diventando Disco d’Oro. Il pubblico continuava a chiedermi altre canzoni e così è stato con la Five Record. Ecco, da quel momento mi sono resa conto che stavo facendo qualcosa di importante. Io, però, sono e sarò sempre quella bambino dello Zecchino d’Oro: una persona vera, umile, non costruita, con i propri pregi e i propri difetti».
Quale il personaggio dei cartoon che rispecchia maggiormente Cristina D’Avena?
«Licia in primis, decisamente. Poi mi diverto ad essere Creamy ed anche Sailor Moon».
Ma non ti senti anche un po’ Peter Pan, eternamente ragazzina?
«Mi sento così e sono felice di essere così. E lo dico a tutti di essere sempre un po’ bambini: fa bene alla nostra vita, ci fa vivere meglio. Fate uscire il bambino che c’è in voi».
40 anni di carriera, 40 anni di successi, ma anche di amore: ovunque vai la gente di tutte le età ti viene a vedere, conoscere e cantare con te: cosa si prova?
«Mi vogliono molto bene, sono meravigliosi. Dopo due anni di lontananza a causa della pandemia, potere ritornare a cantare nelle piazze, è molto emozionante. Vedo la gente con le lacrime agli occhi. E’ un grande momento di condivisione. Poi il fatto che il pubblico continui a dimostrarmi grande affetto ed un amore infinito, che mi considerino chi una sorella, chi una mamma o una zia… è una cosa indescrivibile».
Tutti cantano Cristina: in questo album sei riuscita veramente a fare cantare tutti… chi ti ha sorpreso di più?
«In realtà tutti! Ognuno ha dato qualcosa di diverso e ognuno ha tirato fuori il bimbo che aveva nel cuore. Non lo dico come frase di circostanza, è stato realmente così. Com’è stato con Loredana Bertè e Patty Pravo? Pensavo più difficile ed invece è stato molto facile. Mi hanno fatto capire che quasi ne avessero bisogno; sono tornate indietro nel tempo e, insieme, siamo tornate bimbe. A proposito: conoscevano a memoria le parole delle canzoni».
Sei una bravissima cantante, ma anche attrice e presentatrice: in qualche di questi ruoli ti senti più a tuo agio, o riesci ad essere te stessa in ogni contesto?
«Sicuramente la cantante, perché nasco cantante. Ma mi piace molto anche recitare, mi affascina. Di certo non vorrei interpretare ruoli drammatici: io sono una persona molto ironica che ama sorridere e fare sorridere, non certo piangere».
C’è ancora un sogno che vorresti realizzare?
«Un musical. Mi piacerebbe mi chiamassero ad interpretare una favola in chiave moderna, con tanta musica, divertimento e ironia».
A proposito dell’Antoniano e di sogni, da sempre sei legata alle iniziative benefiche della Fondazione e così hai fatto anche con il Lungomare delle Stelle: perché questa scelta?
«Perché Operazione Pane la vivo da sempre, fin da piccola, da quando ho iniziato a cantare nel Piccolo Coro dell’Antoniano. Pensate che andavamo a mangiare alla mensa dell’Antoniano, ed era bellissimo. Vedere tanta gente che condivideva un pezzo di pane con quello che stava vicino era significativo. Il pane è qualcosa che ti dà fiducia, ma allo stesso tempo ti fa capire che c’è qualcuno che ti sta aiutando. Ho sempre vissuto questa realtà fin dai i primi frati fondatori, cui ero molto legata.
Quando partecipo come co-conduttrice dello Zecchino sono io che ne parlo. Con i frati che ci sono ora ho mantenuto uno stretto legame e, quando vedo che portano avanti con tanto entusiasmo la mensa dei poveri, lo trovo bellissimo. Purtroppo in giro c’è ancora tanta povertà: ce ne rendiamo conto solo quando ce lo dicono. Quanto accaduto negli ultimi due anni ha reso ancora più grave il problema, con i poveri che sono diventati ancora più poveri».