Il maggiordomo e le paccottiglie
Un comunicato del 2 febbraio scorso dà una notizia importante: i sindaci del G20s, cioè delle principali località turistiche balneari italiane, tra cui Jesolo, hanno consegnato al Ministro del Turismo, Daniela Santanché, la richiesta di avere riconosciuto lo “status di città balneare”. Il Ministro ha condiviso la richiesta e si è messo subito al lavoro. Viene avviato a soluzione il problema delle “città fisarmonica”, di quelle città che hanno un ampio divario tra i suoi residenti (26 mila a Jesolo) e gli ospiti turisti (250/300 mila sempre nel caso di Jesolo). Provo a esemplificare.
A Jesolo, per la sicurezza di 26 mila abitanti basterebbero pochi agenti di Polizia Locale; l’impianto di depurazione e il sistema di raccolta dei rifiuti potrebbero essere ben più ridimensionati. Insomma, l’organizzazione della città, le risorse umane, i servizi e i relativi costi sono rapportati alla città di 250 mila abitanti e non a quella dei 26 mila. Se tutto andrà bene Jesolo sarà riconosciuta come “città balneare”. Soddisfatti? Certamente sì. Ma prima chiediamoci cosa significa essere una città. Questo riconoscimento che Jesolo ha dagli anni ’80 non è solo un documento amministrativo ma implica anche un modo di “essere città”. Non possiamo avere un maggiordomo in livrea che pulisce cianfrusaglie e paccottiglie.