Per “sentirci” tutti uguali
In una cultura dell’immagine afflitta da un eccesso di rumore visivo, il silenzio che a volte deriva da una disabilità, può forse essere una forma di benessere. Potrebbe permettere una visione più umana e ridimensionata della nostra esistenza. Una visione essenziale, spogliata delle esagerazioni proprie della ricerca della perfezione esteriore, a vantaggio di una introspezione ed un ritorno alla sostanza.
Elisabetta Rossi, vicentina, 30 anni, modella, non udente dall’età di 4 anni. Ha fatto del suo punto di “debolezza”, come molti lo considererebbero, il suo punto di forza. Il suo amore per la vita l’ha dimostrato quando, dopo gli impianti cocleari che le hanno permesso di tornare a sentire, ha abbracciato la vita accettandone le sfide e, a dispetto di tutte le possibili insicurezze, ha iniziato una carriera di modella.
Quando hai cominciato a percepirti come “diversa” dai tuoi coetanei?
«Per me è sempre stato normale non sentire, come fossi sorda fin dalla nascita. Ricordo che, all’asilo, non sentivo la maestra chiamarmi per dirmi che la scuola stava chiudendo. Alle elementari avevo qualche difficoltà ad interagire con i miei compagni, ma alla fine trovavo sempre il modo per giocare con gli altri. Ho cominciato a percepirmi “diversa” durate l’adolescenza. Mi chiedevo spesso: Ma è possibile che io senta così poco nonostante le protesi acustiche? Non c’è un modo migliore per sentire e interagire con le persone?. Sì, c’era. E, quindi, decisi di sottopormi a due interventi chirurgici: due impianti cocleari, cioè due orecchie bioniche».
Com’è nata la tua carriera di modella?
«Per caso. Mi piaceva l’idea di essere fotografata da un vero fotografo, in un vero set fotografico. Ricordo che non stavo passando un bel periodo e avevo bisogno di un pizzico di autostima. C’era un fotografo nella mia zona che mi aveva colpito particolarmente e provai a mandargli una mail. Mi rispose confermando l’interesse e mi prenotò il set fotografico per fine mese. Wow! Ero felicissima! Sul set tirai fuori tutta la grinta che avevo e iniziai a “giocare” con le pose. Da lì è saltato fuori un vero e proprio lavoro sul set fotografico. A questo seguirono dei colloqui con varie agenzia di moda e così è iniziato tutto».
Come vivi ora una carriera che ti pone in risalto?
«Da piccola avevo paura di non essere all’altezza delle situazioni. Ho dovuto impegnarmi moltissimo per raggiungere gli obiettivi che mi ero prefissata. Ora vivo la mia carriera con naturalezza e nella più assoluta normalità».
Sei molta attiva sui social. Qual è il rapporto che vorresti instaurare con i tuoi followers?
«Mi piace molto condividere le mie esperienze personali e lavorative sui social, mi piace l’idea di incoraggiare i miei followers sul fatto che niente è impossibile. Tutto e tanto dipende da noi, dalla nostra volontà e impegno costante. Mi piace essere l’esempio di come possiamo superare i limiti per raggiungere i nostri sogni».
Cosa ti ha insegnato la disabilità?
«“Disabilità” è un termine che la società ha imposto. Io mi sentivo “disabile” quando portavo le vecchie protesi acustiche; non ero autonoma e chiedevo spesso aiuto ai miei familiari e amici. Ho iniziato a sentirmi “normale” con i nuovi impianti cocleari, con l’aiuto della logopedia, della musica e l’impegno quotidiano. La disabilità mi ha aiutata ad essere una persona più empatica, sensibile e pronta ad aiutare le persone in difficoltà».
La tua definizione di “Forza”? E di “Debolezza”?
«La forza è essere positivi e propositivi verso la vita, cercare di affrontare i problemi con serenità e sempre con il sorriso. La debolezza è aspettare che si risolva tutto da sé».