Page 35 - ViviJesolo-09-2024
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Sandra, come hai iniziato a tirare con l’arco?    Però, nel frattempo hai fatto tre Paralimpiadi: Atlanta, Si-
           «Ho iniziato con Fabio Amadi (argento nel tiro con l’arco alle   dney e Atene. Com’è cambiata la tua vita allora?
           Paralimpiadi di Seoul 1988, ndr) che ha insistito così tanto per-  «Sicuramente in meglio. Al ritorno la gente mi riconosceva per
           ché provassi, che alla fine mi ha convinta. Mi incuriosiva questo   strada e, anche se le Paralimpiadi non erano conosciute come
           sport perché si poteva gareggiare con i normodotati. Ai primi   oggi, è certo che la considerazione della gente nei miei confronti
           campionati italiani nel 1991 sono arrivata terza. Due anni dopo   era cambiata. Non ero più solo una disabile, ma un’atleta profes-
           ho fatto i mondiali a Stoke Mandeville dove abbiamo vinto l’oro   sionista!».
           a squadre e l’argento individuale».
                                                             Ed in qualche modo questo ti ha permesso di conoscere
           Da allora è sempre stato un successo…             Daniele Scarpa, che è poi diventato tuo marito.
           «Sì, da allora, fino al 2000, ad ogni europeo o mondiale abbiamo   «Infatti.  Anche  lui  aveva  appena  partecipato  alle  Olimpiadi
           sempre vinto l’oro come squadra e oro o argento come indivi-  di Atlanta dove, per la canoa, aveva vinto un oro con Antonio
           duale. La squadra era formata da me, Paola Fantato di Verona   Rossi e un  argento con Beniamino Bonomi. Faceva parte  del
           e Roberta Lazzaroni di Bergamo. Era una squadra molto unita.   gruppo venuto ad accogliermi all’arrivo a Venezia. Lo ricordo
           Forse parte della nostra forza veniva dall’amicizia che ci univa».   con un enorme mazzo di rose. Io già lo conoscevo di fama, ma
                                                             non l’avevo mai avvicinato. Quell’occasione ci fece conoscere e,
           La convocazione alle Paralimpiadi di Atlanta del 1996:   da allora, ogni volta che doveva partecipare a qualche evento, fa-
           quali le emozioni?                                ceva in modo che invitassero anche me. Finché nel 2007 ci siamo
           «La convocazione ce l’aspettavamo, perché eravamo le più forti a   sposati».
           livello mondiale, ma l’arrivo della divisa è stata una vera emozio-
           ne. Il momento in cui abbiamo visto la scritta “Italia” sulle tute   Vuoi dirci che invitavano solo Daniele e non te?
           siamo state sopraffatte da un orgoglio difficilmente ripetibile.   «In quel periodo, purtroppo, i disabili, anche se campioni, non
           Improvvisamente era tutto reale. Ci aspettava un’esperienza che   erano molto considerati: l’attenzione era tutta per i normodota-
           avrebbe cambiato per sempre le nostre vite».      ti, almeno fino alle Paralimpiadi di Londra nel 2012; quelle han-
                                                             no segnato un cambio decisivo, i media hanno cominciato ad
           A cominciare dal viaggio in aereo…                interessarsi agli atleti disabili, le gare erano trasmesse sulle reti
           «Alla partenza da Roma, in aereo, con tutti gli altri atleti diretti   nazionali e questo ha acceso l’attenzione anche su di noi».
           alle Paralimpiadi, abbiamo capito subito che esisteva una nostra
           “normalità”. Se di solito i passeggeri mettono nelle cappelliere   Quale la Paralimpiade che ti ha lasciato i ricordi più belli?
           i loro bagagli a mano, noi mettevamo, chi una protesi, chi una   «Sicuramente Sidney. Non dal punto di vista delle medaglie
           gamba, chi un braccio. Il clima era di assoluto divertimento. Sul   (oro a squadre) ma da quello umano. Il calore del pubblico era
           campo potevamo essere avversari, ma ora eravamo solo dei ragaz-  fortissimo. Ci fermavano per strada, ci chiedevano da dove
           zi che vivevano insieme una fantastica avventura».   arrivavamo, che sport facevamo, ci incoraggiavano, c’era tanto
                                                             pubblico alle gare».
           E perché hai deciso di smettere?
           «Dopo una vittoria devi sempre dimostrare di essere all’altezza.   «In Australia, agli atleti disabili e a quelli
           È una gara contro te stessa. Questo è stato uno dei motivi per cui   normodotati, era stata data dai media la stessa
                                                                   importanza. A dimostrazione del fatto che lo sport
           nel 2004 ho deciso di lasciare il tiro con l’arco: la fatica superava   non è solo performance fisica, ma può anche essere
           il divertimento».                                       un importante veicolo di crescita culturale».


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