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IL TEMA
DEI TEMI A CURA DI PUNTI DI VISTA
GIAMPAOLO ROSSI
HO MOLTO APPREZZATO
L’EDITORIALE DEL NUMERO SCORSO
DI FABRIZIO CIBIN, DIRETTORE
DI VJ, PER L’APPROCCIO E
LE ARGOMENTAZIONI SU
UN TEMA CHE MI STA
PARTICOLARMENTE A CUORE,
QUELLO DELLA STAGIONALITÀ,
IL TEMA DEI TEMI------
Ne sentivo parlare quando avevo le braghette corte.
Oggi, che non ho più vent’anni, se ne parla ancora. È
passato invano tutto questo tempo? No. In questi ulti-
mi 20, 25 anni si sono fatti passi in avanti. Jesolo Lido,
dopo l’estate, non va più in letargo per svegliarsi l’estate
successiva. Oggi, con un ritmo diverso, la città vive an-
che d’inverno. Ma la sfida è ancora molto alta e occorre
fare altra strada. Serviranno provvedimenti legislativi:
li stiamo aspettando. Ma intanto noi dobbiamo fare la
nostra parte: vincere la cultura della provvisorietà figlia
della stagione estiva vissuta come fatalità. Nella provvi-
sorietà non nascono sogni, si spegne ogni visione e ogni
guizzo di creatività. Va recuperata una visione unitaria
della città. Jesolo è Jesolo, d’estate e d’inverno. È sole,
mare, sabbia, ma anche laguna e campagna. È litorale,
ma anche Centro Storico, Cortellazzo, Ca’ Fornera e
Passarella. È balneare e campestre, di mare, di fiume e di
laguna. Se guardata con il grandangolo, la stagione esti-
va non è una fatalità da subire, ma una dimensione da
governare. Assumere questa prospettiva comporta scelte
precise. Per il privato e per il pubblico. Qualche esempio:
tenere aperto un negozio o ristorante d’inverno anche se
Cartolina d’epoca si guadagna meno che in estate: programmare iniziative
LA CASA L’ARREDO E LE e manifestazioni a forte attrazione anche d’inverno. Dei
SUPPELLETTILI NEL 1700 ------ passi su questa strada già se ne sono fatti. Ma occorre
un programma di viaggio strutturato e lungimirante. Ci
Dagli archivi di Roberto Rugolotto ancora qualche fermo immagine. ritorneremo sopra.
Com’era la casa dei cavensi nel 1700? Eccone una sintetica descri-
zione con i termini propri di quel tempo. Per lo più era organizzata su
due o tre vani. In una c’era la lettiera con la còlzara, i ninsìoi, i cussini,
un paio di casse di nogara per le camicie, le cottole, le traverse e i
ninsìoi. In cucina una tavola, quattro careghe, due cadene da fogo,
calièra e secchio, tamìso e mestoli, ma anche la zappa e il vanghetto,
i corteassi. Nella stalletta era alloggiate le botti, un tinazzo e una lora,
due manze e una vitella da latte, una carretta, cadene e timonsèl. E
su tutto l’occhio vigile della massaia veneta.
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