Don Luigi Ciotti – Il Verbo della Legalità

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Presbitero e attivista. Veneto di nascita e cittadino del mondo per adozione. Don Luigi Ciotti ha dedicato tutta la sua vita all’aiuto dei meno fortunati, degli emarginati, di coloro che avevano un disperato bisogno di ascolto e di comprensione. Lui e tutto il mondo di “Libera”, l’associazione da lui steso fondata.

Lo abbiamo incontrato al teatro Vivaldi, dove si è confrontato con gli studenti delle scuole di Jesolo, su iniziativa dell’istituto Elena Cornaro.

Ci può descrivere l’emozione di avere interagito con giovani così volenterosi e appassionati alla sua storia?

L’incontro con gli studenti jesolani è stato molto stimolante. Io ho portato un mio piccolo contributo, partendo dall’esperienza in prima persona e dalle domande postemi dai ragazzi. Domande che sono frutto di conoscenze che hanno acquisito e di curiosità di capire e di conoscere alcuni lati dell’umanità che ancora sono rimasti inesplorati. Questi ragazzi sono una risorsa per il futuro non solo della città, ma del mondo intero.

Quanto è importante trattare determinati temi, come legalità, giustizia sociale e responsabilità, con una platea così giovane?

«È fondamentale e indispensabile. I ragazzi a quest’età assorbono concetti in maniera molto più veloce di un adulto qualsiasi. L’importanza sta nel diffondere il verbo della legalità alle generazioni che verranno. Ognuno di noi deve dare il suo contributo: abbiamo bisogno di cittadini responsabili, che affrontino le ingiustizie in maniera consapevole. Abbiamo troppi “cittadini a intermittenza”, a seconda dei momenti e dell’emozioni. Le emozioni, sia ben chiaro, sono legittime. Se, però, queste non si trasformano in sentimenti profondi, restano soltanto emozioni fini a sé stesse».

Nel suo discorso, la parola “noi” è stata ripetuta più volte. Il concetto che possiamo estrapolare può essere “ognuno educa e allo stesso tempo viene educato dagli altri”?

«È un educarsi reciprocamente. Educare significa tirare fuori risorse e capacità che sono innate in ciascuno di noi e che devono essere riconosciute e valorizzate. A volte si scartano persone che hanno avuto meno opportunità nel loro cammino di vita e che hanno vissuto in contesti difficili. Tuttavia, se si investe nel modo giusto, possiamo vedere delle trasformazioni di valore molto importanti».

Non possiamo non citare l’incontro con Giovanni Falcone pochi mesi prima della sua tragica morte e la promessa, da parte del magistrato, di un caffè assieme a lei, purtroppo mai mantenuta. Se avesse la possibilità di prendersi quel famoso caffè oggi, di che cosa parlereste?

«Condivideremmo insieme una situazione che oggi si sta verificando nel Paese: la normalizzazione, la semplificazione di tanti problemi che affliggono la nostra società. Ribadisco il punto: continuiamo a lottare per tutte quelle persone che soffrono, nella stragrande maggioranza dei casi, non per causa loro ma per il contesto sociale difficile in cui vivono».

Lei condivide tanti punti con Papa Francesco e Papa Leone XIV. Dai messaggi di pace e speranza, all’aiuto dei più deboli. Si sente fiducioso per il futuro del mondo, alla luce della continuità che ha voluto dare il Vaticano con l’elezione del nuovo Pontefice?

«Bisogna sempre trovare fiducia nell’umanità. Ciò che accomuna questi Pontefici è il dare seguito alla parola di Dio. Una parola a volte scomoda, difficile da comprendere, ma sempre piena di tanto affetto, amore e attenzione. Quello è il nostro riferimento».

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