The Velvet Sundown: la band IA che ha spopolato su Spotify. E adesso?

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Scordiamoci microfoni, strumenti musicali e produttori. L’intelligenza artificiale ci permette di generare canzoni – complete di voce, testi e copertine – in pochissimi clic. È il caso dei Velvet Sundown, band “artificiale” che ha già superato 1 milione di ascoltatori mensili su Spotify.

Lanciati a inizio giugno con l’album Floating on Echoes, hanno subito fatto parlare di loro con il singolo “Dust on the Wind” ottenendo oltre 1,2 milioni di streaming e 700 000 ascoltatori mensili.

La cosa strana? la band non esiste. Ogni elemento, la musica, i testi, le immagini, persino i personaggi dietro i nomi dei protagonisti, sono stati generati con strumenti di IA come Suno (musica) e ChatGPT (testi e immagini).

Presentata come una “provocazione artistica”, questa operazione mediatica ha scatenato un dibattito sulla creatività artistica, sulla trasparenza, e sul futuro della musica nell’era dell’IA.

Critici ed esperti non hanno tardato a intervenire: chi sta proteggendo i diritti d’autore sulle opere utilizzate per addestrare le IA? La musica generata da una macchina può avere lo stesso “cuore” di quella generata da noi umani? Già grandi artisti come Billie Eilish, Céline Dion, Elton John e Dua Lipa hanno espresso preoccupazione sull’etica dell’uso dell’IA in musica. Chi rimangono indifferenti sembrano essere le piattaforme di streaming, Spotify su tutti. Il colosso della musica non ha ancora etichettato i Velvet Sundown come generati da AI, anzi, risultano ancora come “artisti verificati”. Ciò solleva dubbi su eventuali favori algoritmici e la mancanza di trasparenza (soprattutto se, come accusano in molti, questa operazione è opera della stessa Spotify).

Noi però, vorremmo soffermarci su una questione. Se la pubblicazione di “album” generati con l’IA diviene libera e non segnalata, potremmo assistere a un’inflazione musicale globale. Ogni utente può pubblicare la “propria” musica generata, in un luogo che se oggi conta “appena” 60.000 pubblicazioni al giorno, potrebbe arrivare a produrne oltre un milione. Ma a quel punto, cosa ascolteremo? Ma soprattutto, avremmo voglia di ascoltarla?

Rispondere a questi quesiti risulta ben difficile, come anche fare previsioni in un mondo che cambia cosi repentinamente.

In un futuro della musica, per cosi dire distopico, ci auguriamo un ritorno per ciò che è genuinamente umano, come concerti live o performance autentiche. I più giovani, forse saturi di musica generica e algoritmica, potrebbero ritrovare nei locali e nei concerti dal vivo l’esperienza emotiva che l’IA non può replicare: arte viva, eseguita e sentita da persone reali. Sia chiaro, la tecnologia non va demonizzata, ma regolamentata: l’IA può essere un ottimo strumento per aiutare la creatività e la sperimentazione, ma senza regole chiare rischia di schiacciare gli artisti e impoverire l’esperienza musicale.

I DNA CONSIGLIANO..

Bob Marley – Uprising

Lucio Dalla – Dalla

Amy Winehouse – Back to Black

I DNA sono un trio acustico formato da Marta Piras alla voce, Davide Pasqual, voce e chitarra ritmica, e Nicolò Cibin, voce e chitarra solista. Formati nel 2014, propongono un vasto repertorio appartenente ad ogni generazione: dagli anni 60, fino agli ultimi successi. Il tutto riarrangiato in acustico e a tre voci.

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