Cin Cin, Graziano!

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Graziano Simonella, noto sommelier jesolano, ex presidente regionale Ais, ha toccato quota 55 anni di carriera. Ha iniziato quando aveva 14 anni, all’hotel delle Nazioni, e da allora non ha mai abbandonato il suo posto, in una sala di ristorante, al servizio del cliente. Sempre con il sorriso.

Graziano, perché hai iniziato a fare questo lavoro?

«In televisione c’era una trasmissione, con Luigi Veronelli, detto Gino, Ave Ninchi e Giuseppe Bicciga, con quella sua bella divisa da sommelier e con quella sua innata classe, che mi ha fatto innamorare».

In pratica come i programmi di oggi di cucina…

«Sì, solo che allora ci si innamorava e si correva tra i tavoli, oggi diventi influencer…».

Ma dopo quella esperienza come hai imparato il lavoro di sommelier?

«Ho frequentato il corso organizzato dalla Camera di Commercio, con l’amico Denzi Mazzetto (pizzeria Milano); era il 1981 e fummo tra i primi a partecipare».

Nella tua carriera hai lavorato in alcuni tra i più rinomati hotel di Jesolo: dal delle Nazioni al Gallia, dal Brasilia al Vittoria, il Baia del Mar ed ora il Mariver, con qualche escursione in montagna, tra Val Badia e Cortina. Ma hai avuto anche un’altra importante esperienza, vero?

«Sì, ho gestito un ristorantino, con mia moglie, mia sorella e mia mamma, dal 1979 al 1992, al Residence Pineta. Ricordo che nel menu avevo fatto inserire una insalatona, con tonno, uova e mais; fummo tra i primissimi a farlo. Ci fu suggerito dall’amico Luciano Ferraro (oggi vice direttore de Il Corriere della Serata) ed infatti la chiamammo “Insalata Luciano”».

Cosa ti hanno insegnato tutte queste esperienze?

«È stato molto interessante, direi formativo, mi hanno dato la possibilità di vedere da vicino le varie strategie di accoglienza. La gestione è principalmente sempre stata “di famiglia”, con una attenzione spasmodica del cliente, che ha rappresentato una carta vincente. Negli ultimi anni il modo di fare vacanza è un po’ cambiato, lo stesso modo di frequentare gli hotel, per cui probabilmente sono da rivedere le strategie e le proposte. Ma questo spetterà alle nuove generazioni. In questa esperienza, come in quella da presidente Ais (Associazione sommelier) penso di avere imparato molto, ma anche di avere formato tanto».

C’è un tuo mentore?

«Posso dire che uno dei miei punti di riferimento è stato Alessandro Scorsone, Miglior Sommelier d’Italia nel 2008, maestro delle cerimonie di Palazzo Chigi e responsabile ricevimenti della Presidenza del Consiglio dei Ministri. La sua è una formazione di altissimo livello».

Quale la situazione più difficile che hai dovuto affrontare?

«In generale interagire contemporaneamente con il gestore ed i collaboratori ed ultimamente cercare e formare i collaboratori stessi: è sempre più difficile trovare ragazzi con passione e dedizione, forse si è un po’ perso l’amore per questo lavoro».

Il motivo, secondo te?

“Non lo so se manca il percorso formativo scolastico o se l’appile verso questo lavoro è venuto meno. Le strutture sono buone, vengono anche forniti gli alloggi… forse sono gli stipendi ad essere rimasti bassi rispetto ai livelli che raggiungono questi ragazzi e questo diventa un disincentivo. D’altra parte, come diceva Biden: Se vuoi gente brava, pagala meglio».

Qualche soddisfazione personale?

«Tante, come avere avuto modo di portare il caffè a Sophia Loren in camera, o l’aperitivo a bordo piscina a Valentino Rossi, scambiare qualche parola con Balotelli. Anche se la più grande è leggere, nelle recensioni, che i clienti chiedono di ritrovare me…».

Pensi di avere dei “figliocci”, professionalmente parlando?

«Penso di sì, sia nel mondo della ristorazione, che quelli che mi hanno affiancato nelle varie esperienze. Come presidente Ais, i due titoli italiani conquistati da Ottavio Venditto e Cristian Maitan».

Scusa, Graziano, ma sciabolare è un’arte o una cafonata?

«Nessuna delle due cose. Direi semplicemente un modo per sottolineare ed enfatizzare una situazione. Però eviterei di farlo con un vino importante, perché lo stress subito dalla bottiglia va a intaccare l’integrità del contenuto».

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