Ma non chiamatemi Chef
Innamorato della sua Sicilia, noto in tutta Italia, Filippo La Mantia è uno degli chef più conosciuti e ricercati. Anzi, dei cuochi. Perché ci tiene molto alla sua identità di oste e i cuoco. Lo abbiamo incontrato proprio a Jesolo (e per questo ringraziamo per la collaborazione Andrea Vidotti).
Filippo, allora come ti dobbiamo chiamare?
«Sono quasi 30 anni che mi auto definisco oste. Ora sono semplicemente solo Filippo. E sono contro lo star system dei cuochi e degli chef. Non mi è mai piaciuto, anche se ha portato un po’ di bene al settore. Oggi, purtroppo, la visibilità non serve a nulla perché ci sono problemi di personale, di tutto quello che c’è alle spalle di una struttura che si occupa di food. Dobbiamo essere cucinieri».
Come ha sempre sostenuto Arrigo Cipriani, insomma…
«Sì, ha ragione: lo “chef” è all’estero, qua siamo cuochi».

La tua è sempre stata una cucina semplice, è così?
«La cucina nasce dalla casa, dalle famiglie, dalle mamme, dalle nonne… è ovvio che intorno all’ingrediente e al cibo c’è una grande ricerca, c’è di tutto, però per me vige questo: il pollo alla brace, come quello che stiamo assaporando questa sera, la pasta buona… L’ingrediente principale è deve essere la materia prima».
Perché questo lavoro, soprattutto in estate, sembra non attirare più i giovani come una volta?
«Perché costa tanti sacrifici ed oggi i giovani non sono più in grado di fare sacrifici perché non gli interessa, non lo vogliono fare, perché consapevoli che c’è una vita da vivere al di fuori del lavoro. Noi della mia generazione, sono del sessanta, siamo cresciuti con il lavoro e la cultura del sacrificio. Attenzione, il lavoratore deve essere garantito, deve essere sempre tutelato e devono vale tutti i suoi diritti. Detto questo, se vuoi imparare, se vuoi fare questo lavoro, lo devi vivere, in tutto, completamente».
Il Consorzio JesoloVenice sta lavorando al progetto Taste Jesolo per valorizzare le eccellenze enogastronomiche: è la strada giusta?
«E’ ovvio. Il turista viene nelle nostre città, nelle nostre località turistiche, per i servizi, per la bellezza del territorio, per tutto quello che trova, certo, ma anche perché trova accoglienza, calore e tanto cibo buono».