Walter Veltroni, «io e Giovanni Buonvino»

Quarto capitolo delle avventure del commissario di Villa Borghese

Giornalista, editorialista, regista, ma anche scrittore. Per Walter Veltroni la politica fa ormai parte del passato, si potrebbe dire della “sua prima vita”. Ora è completamente proiettato all’arte, nelle sue varie espressioni. Lo scorso 30 marzo è uscito nelle sale “Quando”, il film che ha diretto, tratto dal suo romanzo. E da qualche settimana spopola nelle librerie “Buonvino tra amore e morte”, quarto capitolo delle avventure del commissario Giovanni Buonvino, ambientate a Villa Borghese.

Walter, dopo il primo capitolo, ci hai preso gusto…

«Il primo libro – Assassinio a Villa Borghese – è andato bene e ho deciso di andare avanti. Ne arriveranno almeno altri due e, forse, una trasposizione televisiva».

Come ci si sente nella veste di “giallista”, inedita rispetto a tutti gli altri libri?

«Scrivere gialli è divertente, anche se più complicato rispetto agli altri libri, perché l’ingranaggio deve essere sempre perfetto. Ma anche per il fatto che il lettore è più sofisticato; è come se iniziassi a giocare con lui. E’ una sfida continua tra me e il lettore».

Cosa c’è di Walter Veltroni nel commissario Buonvino?

«Intanto vi svelo di averlo chiamato così perché sono astemio e so che questo in Veneto non si dovrebbe dire (ride… ndr). Sono quattro anni che convivo con Buonvino quindi è inevitabile che le vite si intreccino. Ci accomuna il carattere, perché è una persona che ama usare il cervello e non la pistola, ama fare squadra, si diverte con i suoi agenti e non è un solista».

Chissà quanta gente avrà voluto visitare Villa Borghese dopo le avventure del commissario…

«Quand’ero sindaco di Roma mi sono preoccupato di curarne l’identità, che non era compiuta, era frammentaria, non si era fatta una operazione per valorizzarlo come parco culturale. Io ho un grande amore verso questo luogo dove, da bambino, andavo a giocare a calcio. Penso che Villa Borghese non abbia avuto bisogno dei miei libri per farsi conoscere».

Ci rivediamo dopo un po’ di tempo, a causa delle restrizioni della pandemia. Quanto ci è mancato tutto questo?

«Ci renderemo conto fra un po’ di quello che è successo, che è qualcosa che ha spezzato un modo di vivere e di stare assieme. E gli adolescenti hanno pagato il prezzo più caro”.

Anche per il ricorso ancora più massiccio ai social?

«I social sono una illusione presuntuosa di avere un mondo in mano, ma il mondo non è lì, il mondo è qui, è nell’incontro, nello scambio di idee, di opinioni, di emozioni. Le parole non sono merce da magazzino, le parole sono anima, viaggiano attraverso gli incontri, gli sguardi, i sorrisi. Dobbiamo recuperare un po’ di profondità e cercare di stare più possibile assieme, rispettando il fatto che gli altri sono meravigliosamente diversi da noi».

Walter Veltroni è stato confermato alla presidente del Premio Campiello, per il terzo anno consecutivo.

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