Brunori Sas “La musica ci unisce”

Prima ha conquistato il centro della nuova scena cantautorale italiana, ora lo sta facendo con i palazzetti italiani con il suo Brunori Sas Tour. Lui è il cantautore cosentino Dario Brunori, conosciuto come Brunori Sas, impegnato in una tournée che ha già registrato diversi sold out e che, lo scorso 26 maggio, ha fatto tappa al PalaInvent di piazza Brescia per un tour che, nelle prossime settimane, troverà la sua naturale evoluzione nella tranche outdoor. Il suo è uno spettacolo sospeso tra poesia, leggerezza e ironia, uno stile che da sempre contraddistingue Brunori Sas.

Grande, naturalmente, lo spazio alla musica con il cantautore accompagnato da una super band di undici elementi che miscela compagni di lunga data e nuovi iconici arrivi. Il risultato? Uno spettacolo frutto di un lungo lavoro, anello di congiunzione tra passato e presente della sua storia musicale. E il risultato non poteva che essere una standing ovation con un interminabile applauso.

Finalmente a Jesolo: lo spettacolo è stato più volte rinviato, ora è ripartito, che sensazioni prova?

«Non riesco a descrivere l’emozione che ho provato salendo sul palco. C’è una parte di me ancora incredula, e una immensamente felice, anche per i musicisti che erano con me sul palco. Questo show è frutto di un lungo lavoro, l’ho pensato considerando il contesto dei palazzetti, immaginando un live molto energico. Era dal 2017 che non facevamo un live con pubblico in piedi ed era tanta la voglia di tornare a cantare tutti insieme e sfruttare questo tipo di energia. Per questo motivo abbiamo allestito un ensemble corposo, con un arrangiamento dinamico ai fiati».

Sembra quasi una grande celebrazione della musica…

«E’ una sensazione voluta: ci sono chitarre magiche, percussioni, sintetizzatori, tamburi, pianoforti, organi, archi e una vera e propria orchestrina di fiati. Per me è come fosse la prima volta, perché in fondo, a guardar bene, ogni volta lo è».

A fare da filo conduttore è “Cip!”, l’album che segna i suoi dieci anni di carriera…

«Ho pensato al concerto come a una specie di “Best of”, con particolare attenzione per “Cip!” ma con tanti momenti diversi, da quelli più movimentati, oserei dire rock a quelli più folk, tra canzoni da cantare a squarciagola e momenti più intimi piano e voce. Se vogliamo possiamo intenderla come una grande festa, non a caso nel palco siamo in tanti».

Questa scelta ha influito anche nella scaletta?

«Dico che sono molto contento della scaletta elaborata: volevo che questo fosse un live gioioso e leggero, con dei momenti giocosi, ma senza rinunciare al lavoro musicale, all’orchestrazione e, soprattutto, a quello che dicono le canzoni».

Anche questa sembra una scelta voluta, soprattutto se pensiamo a certe notizie… La sensazione è corretta?

«Dopo due anni di stop e coi venti di guerra che tirano, non è soltanto un piacere, ma quasi un dovere quello di tornare a suonare, di far star bene le persone, farle cantare, ridere, commuovere, emozionare. E, soprattutto, farle gioire dallo stare insieme, stretti stretti, celebrando in musica ciò che ci tiene uniti a dispetto di ciò che ci divide».

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