Felice, qui e ora

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Gianluca Gotto, è uno scrittore appassionato di Oriente, scrive articoli e libri mentre viaggia per il mondo, specialmente in Asia.

Ha abbracciato il buddismo e, attraverso i suoi libri e il suo blog, cerca di aiutare le persone a porsi le giuste domande per cercare di essere felici. O, almeno, imboccare la strada per trovare la felicità. Ogni suo incontro è seguito da centinaia di persone. A Jesolo, al Festival Aqua, erano oltre mille. Alle 5.30 del mattino.

Gianluca, cosa pensi quando vedi così tanta gente ai tuoi incontri?

«Spero che ognuna di queste persone, ma io compreso, possa tornare nel luogo chiamato casa con qualcosa di buono nel cuore e nei pensieri, con un seme che possa germogliare e che possa portarci a un’azione che ci aiuti a vivere meglio».

Dal tuo ultimo libro, “Quando inizia la felicità”, ho imparato a chiedere “cosa ti porta qui”. Ecco, lo chiedo anche a te: cosa ti porta qui?

« Mi porta il desiderio, lo stesso che avevo quando, nel 2016, assieme a Claudia, abbiamo aperto il nostro blog, ovvero di condividere con altre persone quelle consapevolezze che ci hanno portato a fare della nostra vita una storia piacevole.

Quando vedo così tante persone penso quanto sia bello che in Italia, che spesso è un Paese che rimane sulle proprie idee, molto immobile, contrario al cambiamento, ci sono tanta gente che è incuriosita da qualcosa che non conosce e con cui non è cresciuta. E questo è il motivo per cui sono qui».

Di certo non dal punto di vista geometrico, ma questi incontri li potremmo definire il “cerchio della condivisione” di cui parli nel libro? Almeno come condivisione di anime e di esperienze?

«Per fare un cerchio della condivisione dovremmo veramente passare il microfono a tutti, ma faremmo Ferragosto. Comunque, sì, lo possiamo considerare così. Condivisione è una parola chiave per me, soprattutto in questo ultimo libro che, infatti, ha al suo interno tantissimi episodi e tantissime consapevolezze che sono nate a partire proprio da una condivisione».

Nel tuo libro, fatto di tante domande, racconti il tuo vissuto, che è fatto anche di sconfitte, di sofferenza, di momenti difficili: perché?

«Perché non penso ci sia tutto questo valore nel raccontare il successo di una persona. Il successo è una cosa di cui godere ed apprezzare anche senza tanto attaccamento. È molto più importante raccontare i momenti più difficili, quelli che poi ti hanno portato in cima alla montagna.

Noi saremo felici nel momento in cui accoglieremo anche la nostra sofferenza, come insegna Buddha».

Ti sei mai chiesto come sarebbe stata la tua vita senza Claudia, tua moglie?

«No, perché non trovo utilità in questo tipo di pensiero. Quando ti capita qualcosa di bello non ci devi fare troppo caso o pensarci troppo su, devi semplicemente apprezzarlo ed è quello che faccio. Il nostro è un percorso che si è intrecciato nelle nostre due teste, che sono così diverse ed in grado di cooperare. Entrambi avevamo una grandissima fame di mondo e un grande desiderio di fare esperienze lontano dai luoghi in cui eravamo nati e cresciuti ed è per questo che ci siamo innamorati intensamente. Abbiamo trovano nell’uno e nell’altra qualcosa che non trovavamo in nessun altro e, quindi, presumo che anche da soli avremmo fatto un percorso simile, però non sarebbe mai stato così bello e sicuramente non sarei mai stato su questo palco a parlarne».

Quale il messaggio che vuoi trasmettere anche attraverso i social?

«Che la paura è parte del processo e non si può pensare di non avere paura. Se state mettendo in atto un cambiamento e non avete paura, significa che quel cambiamento non ha nessun significato. Vuol dire che non è un grande cambiamento se lo fate con grande leggerezza e grande tranquillità, tipico di chi non si sta realmente mettendo in gioco e realmente rischiando».

Cos’è “casa” per te?

«È diventata nel tempo una sensazione, un sentimento; non è più un luogo nel mondo, ma è qualsiasi posto in cui mi senta al sicuro, circondato da amore e da buone vibrazioni. Ovunque mi trovi con Claudia e mia figlia».

Hai pensato al momento in cui Asia dovrai lasciarla andare?

«Non ci penso minimamente a quel giorno. Pensare al futuro così è una sofferenza ed è inutile.

La vita è incerta e bisogna avere rispetto per questa sua parte di ignoto. Questo giorno non esiste. Il giorno che esiste è una figlia di due anni. E se non pensassi questo non riuscirei a godermi la figlia di due anni».

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