La superstizione a Venezia

Passeggiando per Venezia può esservi capitato di vedere le persone, in particolare i veneziani o chi conosce molto bene la città, fare cose un po’ strambe, legate a tanti riti scaramantici che si tramandano da secoli. Ad esempio è vietatissimo passare in mezzo alle due colonne in Piazza San Marco perché porta sfortuna e, per lo stesso motivo, non si può calpestare la pietra rossa della peste nel sottoportego della corte nova a Castello. Al contrario porterebbe fortuna negli affari toccare il naso della statua del sior Rioba in campo dei Mori, a Cannaregio, e girare intorno al basamento della quarta colonna di palazzo ducale fronte bacino senza cadere. Un altro modo per chiamare a sé la buona sorte è toccare le ancorette di ferro che si trovano di fronte alla chiesa di San Canciano (se passate di lì fermatevi due minuti e vedrete che non c’è un singolo veneziano che attraversa il ponte senza una scaramantica toccatina).

Subito dopo il ponte c’è un sottoportego chiamato del tragheto, il cui nome deriva dal fatto che in passato questo era il punto dove approdavano tutte le barche dirette a Murano Burano e a San Michele, il cimitero, prima che le Fondamente Nove venissero costruite. Queste ancorette hanno un’origine macabra: erano i ganci dove venivano appesi i due quarti del corpo degli “squartai”, cioè i delinquenti condannati ad essere tagliati in quattro parti come punizione e messe sotto gli occhi di tutti. Questi ganci erano posizionati in direzione diversa perché la legge voleva che le quattro parti del condannato venissero esposte nelle direzioni di Padova, Mestre, Chioggia e Lido. Perché porterebbe fortuna toccarle? Forse perché chi le tocca ha la fortuna di essere ancora in vita e il momento di essere traghettati verso San Michele ancora non è arrivato.

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