Un territorio unico al mondo
La tecnica di appassimento delle uve della Valpolicella: verso la candidatura a patrimonio dell’umanità Unesco


La Valpolicella vanta una posizione privilegiata ed è uno dei pochi territori vitivinicoli al mondo ad avere la maggior parte degli ettari vitati dentro il proprio Comune. In questo territorio, nel corso della storia, le tradizioni, gli usi ed i costumi si sono mescolati con l’identità delle popolazioni locali così indissolubilmente da essere trasmessi per generazioni. Tra queste tradizioni c’è la tecnica di messa a riposo delle uve della Valpolicella.
«Da molti anni, le donne e gli uomini della Valpolicella hanno avviato un articolato processo di studio, analisi e documentazione della tecnica di appassimento dell’uva della Valpolicella che ci ha portato alla decisione condivisa di proporne la candidatura quale patrimonio culturale immateriale dell’Unesco», spiega Christian Marchesini, presidente del Comitato Promotore.

La tecnica della messa a riposo in Valpolicella ha una storia antica come la vite. «Si tratta di un elemento culturale ancestrale che rispecchia la storia sociale, politica, economica, di questo territorio e ne manifesta la sua evoluzione” racconta Matteo Tedeschi, direttore del Consorzio della Valpolicella e segretario del Comitato Promotore. “Il lento appassimento delle uve che, appena raccolte, sono poste sulle arele, ovvero su dei graticci di canna di palude, rispecchia, infatti, pienamente l’evoluzione culturale di questo territorio e delle sue genti e le sue vocazioni storiche».
Le stesse arele erano anticamente utilizzate per l’allevamento dei bachi da seta e, con il venire meno di questa tradizione, furono “riciclate” per l’appassimento dell’uva. All’utilizzo delle arele, tutt’ora diffuso nel territorio, si abbina anche l’impiego di plateu di plastica o legno, per rispondere ad esigenze logistiche proprie di un’agricoltura moderna. Nelle arele e nei plateu vengono riposte con massima cura soltanto quelle uve che, dopo una meticolosa selezione in vigna, possiedono le migliori caratteristiche qualitative in termini estetici e sanitari.


L’Unesco, a partire dal 2003, definisce patrimonio culturale immateriale quelle pratiche, quei saper fare, quei rituali, quelle conoscenze e quelle tecniche che, tramandandosi di generazione in generazione, creano un forte senso identitario per una specifica comunità.









