Se il lastrico delle strade fosse fatto di parole

Quando ho incominciato a fare politica – correvano i primissimi anni Sessanta – Jesolo aveva un problema bello tosto. Indovinate qual era. La viabilità. Anche allora d’estate c’erano le code di autovetture non solo alla domenica, ma anche a fine mese, quando c’era “il cambio” tra arrivi e partenze. Il serpentone d’auto dal Lido attraversava piazza I Maggio, la via Nazario Sauro, si immetteva sulla vecchia strada che costeggia il fiume fino a Caposile e oltre. I vigili urbani, guidati dall’eclettico comandante Pietro Sassaro, all’incrocio di via Mameli con carta e penna documentavano, contandoli, i passaggi delle autovetture e le provenienze leggendo le targhe. Occorreva una nuova strada. Non c’era jesolano che non la chiedesse. Nasce una proposta: una strada panoramica in destra Sile, che per un tratto lambisce le nostre belle valli e taglia il centro. E no, perbacco, così il centro muore!

E no, perbacco, a ridosso della laguna proprio no, è uno sfregio all’ambiente! Opinioni più che sacrosante, rimpallate di estate in estate. Morale? Solo agli inizi degli anni Ottanta (vado a memoria) si inaugura la via Adriatico sbloccando così l’intasamento del centro paese. Intervento utile, ma non risolutivo. Le code permangono. I turisti infuriati scrivono ai giornali: Treviso-Jesolo 4 ore di coda. Allora vi do una notizia: Jesolo ha un problema bello tosto: la viabilità. I progetti ci sono. Alcuni da completare. Altri, come la superstrada del mare, ancora in attesa ma fonte di ricorrenti, paralizzanti discussioni. A suo tempo a noi giovani avevano spiegato cos’è la “democrazia decidente”. Semplice il concetto: c’è un tempo per discutere ed un tempo per decidere. Quando finiscono i protagonisti del primo tempo devono entrare in campo quelli del secondo tempo. Non è una facoltà. E’ un dovere.