Datemi un cappello e cambierò il mondo
Intervista all’imprenditore che ha mollato tutto per trasferirsi a Los Angeles e produrre cappelli di successo
Enrico Busto è un imprenditore veneziano di fama internazionale. Originario di San Donà di Piave, ex direttore eventi de La Gazzetta dello Sport,nella sua boutique di Topanga Canyon, a Los Angeles, crea cappelli e accessori artigianali, ispirandosi alla tradizione dei cappellai italiani, unita al design californiano. Lo abbiamo incontrato durante il TEDxJesolo.

Enrico, dall’America a Jesolo in occasione del TEDx, com’è stata quest’esperienza?
«È stata un’emozione indescrivibile. TED negli Stati Uniti è considerato una delle più grandi fonti di ispirazione contemporanea. Nella nostra tv abbiamo il canale con i Ted talks e per me è parte integrante della mia crescita personale, tanto quanto leggere libri. Non nego che mi sono emozionato tantissimo quando sono stato chiamato a fare lo speaker e oggi posso dire che l’entusiasmo ricevuto in cambio è una carica di adrenalina che porterò dentro di me per sempre».
Com’è nata la tua passione di “hat maker” e cosa ti ha fatto decidere di trasferirti oltreoceano?
«Sono da sempre un collezionista di cappelli vintage, ne ho centinaia. Credo che il cappello sia l’accessorio più trasformativo che esista, ti fa sentire più elegante, originale e sicuro in te stesso. Ho sempre avuto un’attrazione maniacale per la California, ci ho passato 3 mesi nel 2001 e mi sono sentito a casa, l’energia che si vive è unica. E poi c’è l’oceano dove si può fare surf».
Il logo della tua azienda è un leone con un cappello. Ti manca la tua Venezia?
«Il leone è ovviamente ispirato a Venezia (e un po’ al mio look barbuto e capellone… hahaha!). Da quando ho finito l’università Ca’ Foscari, Venezia mi è sempre mancata e ora che vivo oltreoceano capisco veramente quanto le persone da tutto il mondo siano affascinate dalla nostra storia e cultura. Mi manca respirare la storia camminando per le calli. Viviamo in un museo a cielo aperto e troppo spesso ce lo dimentichiamo».
Come nasce un cappello su misura?
«Il cappello è il modo in cui ci presentiamo al mondo ma è ancor prima l’espressione di noi stessi. Mi piace conoscere la persona che ho davanti, capire chi è e cosa vuole, qual è il suo carattere e cosa la fa stare bene. Poi si passa a scegliere colori e forme che si adattino non solo al guardaroba ma soprattutto alle forme del viso, del corpo e delle spalle, per creare armonia. Poi si scelgono le personalizzazioni: scelta dei tessuti, abbinamenti di colori e tutti i dettagli che rendono il cappello unico e personale».


Il cappello più “vip” che hai realizzato? E quello più stravagante?
«Abitando a Los Angeles ho l’occasione di servire una varietà di persone fenomenale, attori, musicisti, artisti e vip di ogni sorta. La persona che ho apprezzato di più per la sua umiltà e che per me è una leggenda vivente è John Densomore, il batterista dei Doors. Di stravaganze ne ho fatte tante ma quello che mi rimane nel cuore è un cappello per un neonato, il nipote dell’attrice Diana Ross, che ha voluto replicare per lui un cappello simile a quello del papà. Mi sono divertito molto».
Che modello di cappello consiglieresti a una coppia che si sta per sposare in riva al mare?
«Colori naturali, di paglia se in un clima umido. Design raffinato e linee morbide, magari combinando tessuti del loro abito o un piccolo accento di colore che si trova in altri accessori, tipo la pochette, o nelle scarpe».

Oltre a realizzare i tuoi magnifici cappelli, cosa ti piace fare?
«Mi piace fare surf a Malibu Surfrider e adoro girare per Los Angeles con la mia Cadillac Eldorado convertibile del 1976».
Che consigli daresti a un giovane che vuole inseguire il suo sogno?
«Segui il tuo istinto, non aver paura di sbagliare e se sbagli riprova senza paura, ma soprattutto non farti influenzare da quello che dicono gli altri. Ognuno vede il mondo a suo modo, ha esperienze e motivazioni diverse, è unico, così come la sua strada».
Ci fai un doppio saluto per i lettori di ViviJesolo, uno in dialetto veneto e uno in slang americano?
«Ciao fioi de ViviJesolo! It’e been a while! See ya guys!»