Claire Malone: Questione di fisica… senza barriere
Tutti conosciamo Steve Hawking, non solo per le sue teorie sui buchi neri, ma anche perché ha ampiamente dimostrato la complessità e potenzialità della disabilità. Nonostante il suo esempio, però, gli scienziati con disabilità stanno ancora lottando per essere considerati equamente nel mondo accademico. Su questa scia si colloca la personalità della dottoressa Claire Malone, fisica delle particelle e delle alte energie all’università di Cambridge e ricercatrice al Cern (European Organization for Nuclear Research) di Ginevra. Con paralisi cerebrale dall’età di due anni. L’abbiamo raggiunta per conoscerla e capire alcuni suoi punti di vista.
Dottoressa, quando nasce la sua passione per la fisica?
«Da che ricordo mi sono sempre chiesta perché il mondo fosse fatto così. La fisica era l’unico modo per soddisfare la mia curiosità. Il primo incontro con la fisica delle particelle è stato durante un viaggio al museo della scienza di Londra con mio padre. Durante quella visita è stato chiaro che, per capire l’universo dovevo capire di che cosa era fatto; per l’appunto di particelle».
Quali sono state le maggiori difficoltà durante gli studi?
«La paralisi cerebrale causa una serie di difficoltà motorie per le quali ho problemi ad usare una penna, la tastiera, a prendere e sfogliare libri, a comunicare con gli altri e naturalmente a spostarmi. Per questo uso una carrozzina con un joystick studiato per agire su un computer e questo mi permette di comunicare, spostarmi, scrivere…».
Lei ora è un’accademica. Quali problemi causano le sue difficoltà fisiche alle sue ricerche?
«Per ogni accademico è fondamentale pubblicare le proprie ricerche affinché le proprie teorie possano essere riconosciute. Questo significa che anche se hai alcune idee interessanti, i problemi fisici potrebbero rallentare il lavoro così da non riuscire ad esporli prima degli altri. In questo caso la disabilità diventa un limite grandissimo».
Ha modelli che l’hanno ispirata?
«Durante gli studi a Cambridge, ho avuto la fortuna di incontrare Stephen Hawking. È stato fantastico incontrare qualcuno di cui avevo letto così tanto. Trovavo sorprendente come fosse riuscito a lavorare nelle sue condizioni. Molto probabilmente è uno dei più grandi fisici mai vissuti. Tuttavia, Steven Hawking non è il motivo per cui ero interessata alla fisica e non sto cercando di seguire le sue orme».
Quali sono?
«I miei modelli più importanti sono persone che hanno trasformato situazioni difficili a loro vantaggio trovandone gli aspetti migliori. La maggior parte di queste persone probabilmente non ha idea che le considero miei modelli, il che dimostra che tutti noi abbiamo il potenziale per dare fiducia e supporto ad altri anche senza saperlo».
Le sue considerazioni sulla disabilità nel 2023?
«E’ importante non scoraggiarsi. Molti problemi non possono essere risolti dall’oggi al domani . Ma è anche importante che la società impari ad ascoltare i disabili quando cercano di spiegare le proprie necessità: nessuno le conosce meglio di loro. Anche pubblicare e leggere articoli come questo è un buon primo passo. Molte delle barriere che ho incontrato erano spesso dovute a mentalità ristrette».
Quanto possono fare le università?
«Le università possono cambiare questa cultura, discutendo più apertamente delle loro politiche inclusive. Ciò dovrebbe prevedere un confronto diretto con gli interessati. Queste discussioni vanno a beneficio della società nel suo complesso. Per superare le più grandi sfide globali, i nostri scienziati e ingegneri del futuro devono provenire da tutte le realtà».