Insonnia Fatale
La storia della famiglia Mariuzzo di Musile, di cui se ne è occuparono anche le Iene, potrebbe sembrare la trama di un film horror. E, come tutte le cose che spaventano, il primo passo da fare per risolverle è conoscerle. Per questo abbiamo parlato con Fabio Mariuzzo trentenne, che di questa trama, con il papà Giovanni, è un personaggio chiave.
Cominciamo dall’inizio. Nel 1992, Carlo, il nonno di Fabio, cominciò a mostrare perdita di lucidità e di cognizione del tempo, smarrimento e, soprattutto, difficoltà a dormire. Nel giro di pochissimo tempo i disturbi si aggravarono. Le azioni del nonno divennero confuse e irrazionali. Durante la notte non riusciva a dormire e delirava. Gli stessi sintomi che anni prima avevano portato alla morte in poco tempo, i fratelli.
Fabio, puoi descriverci cos’è l’Insonnia Fatale Familiare e com’è entrata nella vostra vita?
«Verso la fine degli anni 80 ci siamo resi conto che le morti inquietanti dei nostri parenti e la strana infermità che stava sconvolgendo la vita di una cugina non ancora quarantenne, erano legati dallo stesso fattore. Il decorso della malattia è drammatico. Asintomatico fino alla comparsa dei primi sintomi, che evolvono rapidamente portando a morte nel giro di 6-8 mesi. Compaiono disturbi del sonno profondo che diventa completamente destrutturato, alterazioni del ritmo sonno veglia; disturbi cognitivi, tremori, mioclonie».
Si potrebbe dire: una insonnia fatale. È vero che veniva scambiata per Alzheimer?
«È così, perché all’epoca non era molto conosciuta. Solo ultimamente, e in seguito all’osservazione del reiterare di questi sintomi in alcuni pazienti, si è capito che si tratta di una vera e propria malattia, ed è stata identificata come “Insonnia Fatale Familiare” (IFF) una patologia ereditaria rarissima dovuta ad un difetto genetico. Una neuroinfiammazione che causa un danno del talamo e di alcune aree della corteccia cerebrale e di cui si conoscono appena un centinaio di casi al mondo».
Fabio, cosa dice la medicina?
«Al momento non esiste una cura per questa malattia, che si sviluppa poco dopo i 50 anni ed ha un decorso fatale. Oltretutto la possibilità che l’anomalia genetica si trasmetta da una generazione all’altra è altissima».
E i trattamenti?
«I sonniferi non funzionano, possiamo solo tentare di inibire il sistema nervoso simpatico con farmaci specifici».
Esiste un test che individui la predisposizione?
«Sì. Dopo i casi registrati in famiglia, mio papà Giovanni ha deciso di effettuare una polisonnografia, un esame che può individuare il meccanismo che innesca l’assenza di sonno registrando contemporaneamente l’attività elettroencefalografica, muscolare, cardiaca e respiratoria durante il sonno. Il test è risultato positivo: anche lui, che oggi ha 56 anni, potrebbe seguire lo stesso destino. Finora è perfettamente sano, in forma e ottimista. Quando si prende coscienza della situazione tendi a goderti al massimo il tempo a disposizione, vivendo appieno e facendo più cose possibili. Io, il test non l’ha fatto: preferisco impegnarmi nella raccolta fondi a favore della ricerca».
Progetto 2000 Km
In Italia, forse il Paese più attivo in materia insieme alla Spagna, gli studi sono in corso da una decina di anni grazie a progetti finanziati da Telethon. Altre ricerche sono in corso negli Stati Uniti. Fabio, dal canto suo, ha contribuito a fondare l’Afiff, Associazione Familiari Insonnia Familiare Fatale, ed ha lanciato una raccolta di fondi (tramite la piattaforma www.ideaginger.it) per una pedalata benefica chiamata “Progetto 2000 km”, che avrà luogo in autunno da Venezia a Bilbao, in Spagna, lo stesso tragitto che, due secoli fa, compì colui che avrebbe poi diffuso questa tipologia di insonnia nella penisola iberica. «Il progetto – spiega ancora Fabio – prevede vari incontri con ricercatori, associazioni e amministrazioni durante il tragitto. La nostra ambizione è trovare una cura e continuare a finanziare la ricerca. Lo scorso novembre, a Madrid, abbiamo conosciuto un’associazione spagnola il cui presidente è riuscito a coinvolgere realtà come Porsche e Real Madrid. Il momento in cui verrà trovata la cura arriverà e noi non vogliamo aspettarlo inermi, vogliamo dare il nostro contributo con forza».