Se Ulisse fosse stato in carrozzina

Dall’VIII sec. a.C. Ulisse è l’eroe del viaggio e della scoperta, della ragione umana contro le forze ineluttabili del Fato.

È praticamente quello che sono tutti i disabili che desiderano viaggiare ed escono di casa. Una vera Odissea. Alberghi che si dichiarano accessibili e non lo sono, ristoranti senza bagni attrezzati, negozi inarrivabili, mezzi pubblici inadatti, servizi assenti. Eppure non sono necessarie ristrutturazioni ciclopiche e costosissime. Basta una valutazione dei percorsi e dei passaggi. Poche attenzioni possono dare grandi risultati e semplificare la vita a molti. La domanda potenziale di turismo accessibile è stimata in circa 127,5 milioni di persone, interessando il 17% della popolazione europea.

I numeri ci sono, ma allora perché non si investe di più in questa opportunità di mercato? Ogni giorno start-up e progetti “innovativi” propongono soluzioni lodevoli che hanno, però, breve durata. O per abbattere barriere architettoniche utilizziamo normative degli anni ‘80. Permettetemi una critica: il Ministero per la disabilità sarebbe la giusta istituzione per coordinare il processo di accessibilità. Ma resta assente e inefficace. Di disabilità si parla tantissimo, forse troppo, ma alle parole non seguono i fatti. Nonostante Jesolo dimostri da tempo una grande sensibilità nei confronti dell’accessibilità, la vacanza per tutti noi, resta un’Odissea.

Come a me, quella volta al banco del check-in per Palermo. Arriva l'”assistente ai disabili”:  “Buongiorno signó, non si preoccupi, mó ci sono io!”, “Grazie, non sono preoccupata, però siccome imbarcano tra 20 minuti vorrei prima and…”, “Mannó signó, non si preoccupi lei c’hà la priorità!”, “Sì, lo so, però prima vorrei andar…” “Nó nó signó, il caffè gli’o danno abbordo”. E comincia a spingermi come se fosse in atto un attentato. “Scusi, vorrei prima fermarmi al…”. “Sì, sì signó, mó c’arriviamo al gate”. E corre che mi tocca tenermi con due mani. Quattro minuti e 5 km dopo, siamo al gate. Mi tenevo così stretta alla carrozzina che ho un inizio di cancrena agli arti superiori. Finalmente fermi, riesco a parlare “Scusi, vorrei andare in bagno”. Lui mi squadra con disappunto e disapprovazione e risponde: “Signó quá non ci stanno i gabbinetti pè disabbili. Eh, me lo dovveva ddì pprima!”…

è una donna disabile, orgogliosamente disabile viene da dire conoscendola, perché lei con molta sincerità dice: «La mia vita sulle ruote non è troppo male, anzi». Se c’è qualche cosa che non le piace è la mancanza di conoscenza da parte delle persone, che finisce per causare grandi difficoltà. Ironica, intelligente e molto sensibile, Emanuela racconterà a Vivijesolo com’è la sua vita da disabile, tra episodi divertenti e altri scomodi: perché tutto potrebbe diventare un po’ più facile se solo ci fosse un minimo di accortezza da parte di tutti. Per scrivere a Emanuela Bressan: soloabili@yahoo.it

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