Vi porto nella giungla

I modelli matematici sono una selva di calcoli e ipotesi dai quali dobbiamo saperci districare.

La storia della meteorologia è come la pellicola di un film diviso in due parti, la prima in bianco e nero offuscata e deteriorata dal tempo dove si intravede il grande maestro Edmondo Bernacca con la sua bacchetta magica spiegare le dinamiche dell’atmosfera tra isobare anticicloni e basse pressioni, la seconda con effetti speciali super tecnologici pieni di colori con una grafica all’ultimo grido. Negli anni ‘70 e fino agli anni ‘90, prima del tg della sera, tutti aspettavamo l’unico appuntamento televisivo della giornata per sapere il tempo del giorno seguente; oggi, purtroppo, nel calderone della televisione gentilissime e bellissime signorine si apprestano a leggere i bollettini meteorologici spesso scarni e privi di quel sentimento con cui gli esperti di un tempo ci affascinavano.

Le previsioni sono il risultato di un’analisi della situazione meteo presente proiettata al futuro grazie a moltissimi modelli matematici. Questi sono dei programmi che producono possibili scenari futuri usando equazioni dalla natura cosiddetta caotica che producono delle analisi a volte approssimative, quindi con inevitabili errori. Ogni centro di calcolo, applicazioni  o siti meteo (escluso Meteoclari) hanno i propri modelli di fiducia spesso legati da vincoli contrattuali e guai ad affidarsi ad altri se non viene prestato il consenso. In questi casi più si tende a volere prevedere nel futuro, più si amplifica l’incertezza.

Con il passare del tempo la giungla dei modelli matematici si è sempre più  affollata di algoritmi e condizioni e c’è da dire che l’atmosfera, essendo un ambiente fisicamente caotico, basta un battito d’ali per cambiare le sorti, soprattutto sulla nostra bella Italia.

Per quanto riguarda la nostra penisola, infatti, a causa dell’orografia molto complessa, diventa per noi meteorologi ancora più difficile fare le previsioni a causa dell’imprevedibile movimento atmosferico sopra le nostre teste che, spesso, ci manda con la testa tra le nuvole.

Mi chiamo Vincenzo Clarizia, da poco passata la soglia dei 50 anni ma solo all’anagrafe!! Si perché lo spirito giovanile me lo porto dentro da sempre, così come la passione per la meteorologia. Sin da bambino, racconta la mia mamma, preferivo prendere in mano una bacchetta di legno davanti ad una cartina geografica dell’Italia e imitare il grande Generale Bernacca come descriveva le previsioni del tempo alla TV.

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