I luoghi dell’anima
Torniamo sul nostro Montello per una passeggiata rigenerante, lontano dal traffico e dalla folla, in mezzo a boschi di robinie, carpini e castagni.
La chiesetta di Santa Lucia e Rocco a Biadene di Montebelluna non è certo un grande capolavoro di architettura, né cela storie e leggende secolari.
Ma è un luogo dell’anima, frutto della fede e dei sacrifici di una piccola comunità che, sul finire dell’ottocento, si autotassò (pare versando l’equivalente del valore di un uovo al giorno…) per riedificare un luogo di culto di cui restava la memoria ma le cui vestigia erano state spazzate via dallo scorrere del tempo e dall’arroganza degli uomini.
L’area in questione, infatti, era abitata già in età antica, tanto da ospitare un “Castelliere”, ossia una costruzione fortificata posta in posizione sopraelevata a fini difensivi, rifugio e presidio di sicurezza per la popolazione del luogo.
Sui resti di questo edificio, che forse aveva anche scopi astronomici, sorse nell’alto medioevo una chiesa, abbandonata nel XVI secolo quando la Serenissima decise che il Montello era troppo prezioso per lasciarlo nella disponibilità di chi lo abitava da secoli, in quanto riserva del prezioso legname indispensabile per la costruzione delle galee che le garantivano il dominio dell’adriatico.
Sgomberato e presidiato militarmente il Montello, perché vi accedessero, attraverso le famose “prese”, solo i lavoranti della Repubblica, l’area si spopolò rapidamente.
Ma la memoria collettiva è più salda e forte dall’arroganza umana e la gente di Biadene non dimenticò l’antico luogo di culto.
Così, appena ce ne fu la possibilità, la chiesetta venne riedificata: piccola, abbarbicata sulla cima di un’altura, circondata da cipressi e raggiungibile percorrendo una breve salita, la chiesetta ora affianca un monumento dedicato ai soldati della grande guerra che, proprio sul Montello e sulle sponde del Piave che scorre poco più a valle, scrissero tra le pagine più eroiche ed al contempo triste e sanguinose del primo conflitto mondiale.
Ma questa è un’altra storia.