Domiziana Mecenate – cambio e sorrido

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Se esistesse il Nobel per chi ha saputo meglio di altri, reinventarsi una vita, Domiziana sarebbe la candidata perfetta… E, forse, la vincitrice.

Classe 2002, romana, a soli 6 anni, guardando alla televisione le Olimpiadi di Pechino, vide per la prima volta una competizione di ginnastica artistica. Tanto bastò a farla innamorare di questo sport e a farle decidere di cominciare a praticarlo. Con successo, a quanto pare, visto che il suo obiettivo, vicinissimo, erano i Giochi Olimpici. Ma, come spesso accade nella vita, il destino aveva per lei altri progetti. Al primo anno di ingegneria elettronica, nel 2021, durante un allenamento, al termine di un volteggio, Domiziana atterra di collo. Non perde conoscenza e si rende immediatamente conto di non sentire più il proprio corpo. Trasportata d’urgenza all’ospedale San Camillo e operata, trascorre un mese in coma farmacologico e poi altri dieci in un centro di riabilitazione. La lesione cervicale che normalmente azzera l’uso sia di arti superiori che inferiori, era fortunatamente incompleta e questo le permise di recuperare in parte il controllo della parte superiore del corpo.

Chiunque avrebbe pensato di annegare nel dolore. Non fu il suo caso. Anzi. Appena fu in grado, si guardò intorno in cerca di un altro sport alla sua portata. E così Domiziana, invece di “annegare” nel dolore, cominciò a nuotare. Con un tale impegno, passione e disciplina che quest’anno ha gareggiato alle Paralimpiadi di Parigi nei 50 dorso e nei 100 stile libero con piazzamenti del tutto invidiabili.

Ciò che meraviglia non è solo la capacità di adattamento ad un cambiamento così traumatico da parte di una persona così giovane, ma anche lo spirito con il quale Domiziana lo ha affrontato: con un sorriso spiazzante e totalmente contagioso. Ed è con questo sorriso e ironia che ha risposto alle nostre domande.

Domiziana, come hai vissuto i primi tempi dopo l’incidente?

«Ho capito subito che si trattava di qualcosa di grave, ma ero concentrata nel limitare i danni, a non vedere tutto nero. Anzi, pensavo che alla fine si sarebbe risolto non malissimo. Visto che la mia lesione era incompleta, mi sono concentrata su tutto quanto avrei potuto recuperare. Quando mi hanno parlato di carrozzina per tutta la vita, è stata una doccia fredda. Per un po’ ho pensato che forse sarebbe stata una situazione temporanea. Poi ho capito che non lo era».

Com’è stato il lavoro di recupero?

«Su più fronti, con fisioterapisti, logopedisti e terapisti occupazionali. In seguito alla tracheostomia dovevo riprendere a respirare in maniera autonoma, a tossire, parlare ed usare i polmoni. Riprendere ad usare le mani, mangiare, spostarmi. In pratica imparare a fare tutto ciò che mi avrebbe permesso di recuperare il più possibile di autonomia».

Cosa ti ha dato la forza di reagire?

«Come dico sempre, non è che ci siano molte alternative: o decidi di reagire o resti a letto, ti abbatti e non fai più niente. Tutte le persone che ho avuto al mio fianco mi hanno dato la forza di reagire, hanno sempre creduto in me. Ma il lavoro più grande è stato fatto dalla mia convinzione che dovevo trovare il meglio da quanto era rimasto».

Come hai scoperto il nuoto?

«In realtà è il nuoto che ha scoperto me! Era uno sport che avevo già fatto da piccola. Quando ho fatto la visita per la patente nel 2022 ho incontrato il presidente della federazione di nuoto Paralimpico che aveva letto una mia intervista e mi ha chiesto se volevo fare una prova. L’ho fatta, mi è piaciuto e così ho iniziato».

Hai un profilo Instagram molto attivo, @daddomii, con più di 14mila follower: cosa pensi dei social?

«In realtà sono un mezzo di svago. Penso che, se usati bene, possono essere un ottimo modo di comunicazione. A me hanno aiutato perché, quando stavo in ospedale, mi annoiavo tantissimo. Mi hanno fatto entrare nel mondo della disabilità, parlarne e farlo conoscere a persone che non ne sapevano niente. Nei miei video rispondevo a tante domande che mi venivano fatte sulla disabilità. E scoprivo ogni giorno che la mia esperienza poteva aiutare tanti».

L’incidente ti ha cambiata?

«Certamente. In realtà essendo la sorella maggiore, mi sono sempre sentita responsabile in generale, ma certo l’incidente mi ha fatto maturare in poco tempo».

Come vedi oggi la tua vita?

«Sono abbastanza soddisfatta della persona che sono. Certamente ho ancora molte cose da fare, l’università, il lavoro. Poi, è vero che sono andata a Parigi, ma non ho vinto nessuna medaglia, quindi c’è ancora tanto lavoro da fare, devo impegnarmi per raggiungere anche questo obiettivo. Prima dell’incidente vedevo la mia vita come la vedono tutti alla mia età, ora ho tanti dubbi sul futuro, sul lavoro che posso fare, sulla possibilità di farmi una famiglia, perciò non so cosa mi aspetta. Spero solo di potere essere felice e di avere accanto delle persone che mi vogliono bene».

è una donna disabile, orgogliosamente disabile viene da dire conoscendola, perché lei con molta sincerità dice: «La mia vita sulle ruote non è troppo male, anzi». Se c’è qualche cosa che non le piace è la mancanza di conoscenza da parte delle persone, che finisce per causare grandi difficoltà. Ironica, intelligente e molto sensibile, Emanuela racconterà a Vivijesolo com’è la sua vita da disabile, tra episodi divertenti e altri scomodi: perché tutto potrebbe diventare un po’ più facile se solo ci fosse un minimo di accortezza da parte di tutti. Per scrivere a Emanuela Bressan: soloabili@yahoo.it

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