Riflessi
Il paesaggio della Laguna di Venezia è formato da due realtà, che appaiono al tempo stesso diverse e complementari.

La prima è la realtà emersa e dunque quella che l’osservatore umano percepisce direttamente, al primo sguardo, al primo giro d’orizzonte. Una realtà fatta di grandi scenari e di luci indescrivibili, che mutano il proprio aspetto con il perenne divenire delle ore del giorno e delle stagioni, delle lune e delle maree. Una realtà affascinante, che racconta di storie di uomini e cose; storie stratificate nel tempo e, talvolta, appena emergenti dai sedimenti dei bassi fondali, come vestigia archeologiche. La seconda è una realtà che sconfina nell’onirico, in quanto effimera nelle sue manifestazioni e legata in particolare ai flussi e riflussi delle acque, così come alle loro increspature o al loro giacere immobile e speculare, nell’esiguo intervallo tra la marea calante e quella crescente.
E’ quest’ultima, la realtà dei riflessi, che come un’opera d’arte permanente, ma al tempo stesso incerta e talvolta fugace, appare e scompare alla vista, rivelandosi soltanto a chi sa veramente osservare. Sono i riflessi delle reti da pesca e dei pali che le sorreggono, dei totem abbandonati dagli uomini nelle solitudini d’acque; sono i riflessi delle nuvole e delle luci, degli indescrivibili scenari cromatici del tramonto e delle bricole che danzano immobili, come sculture, su orizzonti senza tempo. E’ l’immagine di un’altra laguna, che si svela e si nasconde, sprofondando nel buio delle acque che annuncia la notte imminente o essendo cancellata dalle onde con cui le folate di Bora increspano la sua superficie nelle giornate serene dell’inverno.

