Ora vi racconto di me

Roberto Pellegrini è uno dei barman più esperti e noti d’Italia. Fiduciario Aibes Veneto e Trentino Alto Adige, si dedica con grande passione alla formazione dei giovani, non a caso è diventato docente a tutti gli effetti. È una delle anime di Jesolo Cocktail Experience, evento svoltosi a maggio e che ritornerà nel 2023.

Roberto è una persona che, da questo lavoro, ha avuto ogni tipo di soddisfazione.

Eppure, ancora oggi come allora, quando da ragazzino ha iniziato, ha mantenuto lo stesso spirito e la stessa voglia: la fame di imparare e di conoscenza, il non fermarsi mai, il mettersi in discussione mettendoci la faccia. Lui che ha lavorato in posti come il Gritti e il Danieli di Venezia, che è stato il primo barman del nuovo “banco” del Florian, che ha servito vip di ogni genere, compresi capi di Stato… ha mantenuto sempre la stessa umiltà e la stessa voglia di quando ha cominciato. E sempre con il sorriso.

Roberto, come hai iniziato questo lavoro?

«La mia famiglia, emigrata da Est e Ovest, aveva un’attività vicino a Stresa, sul Lago Maggiore: una locanda con un bar, il ristorante e due camere da letto. Ecco, da quella camera sono sceso giù, nel 1958, 65 anni fa. Si può dire che sono un barman per gravità».

Ma una volta “giù”?

«Mi è sempre piaciuto il mondo del bar, con le ciacole, gli uomini che giocavano a carte, a biliardo, che parlavano di calcio… Certo, ambienti molto maschili, dove non si vedevano donne, se non le mogli che venivano a riprendersi i mariti. Quando potevo, mi mettevo anche a fare i compiti al bar».

La scintilla quando è scoccata?

«Si può dire grazie al fato. Dopo i primi due anni di liceo, un amico di mia mamma, che aveva un piccolo bar a Mestre, le chiese se poteva mandarmi a dargli una mano. Da parte mia gli ho detto: va bene, io ci vado, ma vengo vestito come voglio io. Vicino al bar, infatti, c’era un negozio che vendeva abbigliamento per lavoratori dei locali, come per i camerieri. Ebbene, io mi sono preso la giacca bianca, il pantalone nero, il bel papillon e così mi sono presentato. Da allora non sono più uscito dal bar. Poi ho fatto tre anni di scuola alberghiera e da lì è partita la mia avventura».

Sappiamo che, per te, l’incontro con alcune persone è stato molto importante.

«Sì, a cominciare dal proprietario di quel bar, Giancarlo, che è stato un ottimo maestro, di postura e di comportamento. Mi ha corretto i tratti classici del ragazzino, il modo di comportarmi, la mia troppa irruenza… Ma non è stato l’unico. Un giorno in quel locale è entrato un personaggio (io ancora dovevo partire per il militare) e secondo lui ero un po’ fuori posto rispetto a quel bar;

mi prese da parte e mi disse che conosceva una persona che poteva darmi una importante opportunità e mi dà appuntamento al Danieli di Venezia. Feci l’incontro e dopo un colloquio, il giorno dopo mi chiama a casa e mi dice: hai voglia di farti una stagione a Rimini? Però prima voglio conoscere la tua famiglia. Ecco, da quel giorno non ho più smesso di lavorare».

Ha 18 anni, la sua prima stagione. Poi arriva il Florian.

«Il direttore di allora, Attilio Cavallaro, un ex barman, ha una intuizione geniale. Dovete sapere che il Florian all’epoca non serviva al banco. Serviva un ambiente più giovane: ha, così, l’intuizione di aprire l’American Bar. Ed io ne sono stato il barman. Pensate: avevo 20 anni e lavoravo al Florian: mi sentivo un “dio”».

Poi è arrivato il militare…

«Sì, come paracadutista: una esperienza che, nella vita, mi è servita molto. Quindi sono tornato al Florian; ma avevo ancora voglia di muovermi e così sono andato in Inghilterra, anche se non è stato mai grande amore con quella realtà. E sapete come sono tornato in Italia? Grazie ad una inserzione sul Gazzettino. Cercavano un secondo barman Aibes (io ero già iscritto da quando avevo 18 anni) per l’hotel Elite di Jesolo. E’ stata una grande esperienza, in un hotel ad altissimo livello, con tutto servizio alla francese. Jesolo, tra l’altro, è stata una delle prime realtà ad organizzare delle gare di cocktail, che io ho vinto».

Dal mare alla montagna, a Madonna di Campiglio, quindi di nuovo a Venezia.

«Vengo chiamato da Andrea Benetazzo, considerato uno dei “gemelli del Florian”, e mi chiede se avevo voglia di tornare; gli risposi che mi stavo divertendo, ma tornai. Erano gli anni dell’avvio del grande carnevale di Venezia, di una città che, contrariamente a quanto succedeva prima, iniziava a vivere tutto l’anno».

Ma è vero che sei stato il “postino” di Hugo Pratt, il grande fumettista, disegnatore e scrittore italiano?

«Hugo era diventato un amico. Io portavo le sue bozze a quelli della Mondadori. Ricordo i suoi lunghi racconti di Corto Maltese… Ma, oltre a lui, ho servito capi di Stato, da Pertini a Cossiga, la regina d’Olanda, il grande Roiter, due presidenti americani… erano gli anni dei grandi summit a Venezia».

Il Florian, il Danieli, ma anche il Gritti…

«Con orgoglio nel mio libretto di lavoro ho il timbro del Ciga Hotel; sono un “cigaiolo”. Io pensavo di avere già lavorato in posti di altissimo livello. Ecco, al Gritti era ancora di più. Qui ho visto cose… Situazioni inimmaginabili. Prima mi si chiedeva delle persone per me importanti. Ecco, io ha avuto il piacere di lavorare con dei direttori oggi introvabili».

JESOLO COCKTAIL EXPERIENCE

La macchina organizzativa si è già rimessa in moto. Fissate le date della seconda edizione. Si svolgerà dal 9 al 18 maggio e si preannuncia ancora più ricca di novità.

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